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Cassazione: quando scatta il diritto al servizio mensa?


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Con l’ordinanza n. 23255 del 31.07.2023, la Cassazione ribadisce il principio di diritto secondo cui: “l’attribuzione del buono pasto (quale agevolazione di carattere assistenziale che, nell’ambito dell’organizzazione dell’ambiente di lavoro, è diretta a conciliare le esigenze del servizio con le esigenze quotidiane del dipendente) è condizionata all’effettuazione della pausa pranzo che, a sua volta, presuppone, come regola generale, solo che il lavoratore, osservando un orario di lavoro giornaliero di almeno sei ore, abbia diritto ad un intervallo non lavorato”.

Il fatto affrontato

I dipendenti ricorrono giudizialmente contro l’ospedale datore di lavoro al fine di ottenere il risarcimento dei danni per la mancata istituzione del servizio mensa.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, affermando che il diritto lamentato dai ricorrenti derivava loro dalla corretta applicazione della contrattazione collettiva.

L’ordinanza

La Cassazione – nel confermare la pronuncia di merito – rileva, preliminarmente, che il diritto alla mensa è strettamente collegato al diritto alla pausa.

Secondo i Giudici di legittimità, il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa qualora l'orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore, ai fini del recupero delle energie psico-fisiche e della eventuale consumazione del pasto.

Dunque, per la sentenza, in presenza di tale circostanza al dipendente deve essere riconosciuto il servizio di mensa o una modalità alternativa allo stesso.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dall’ospedale datore, confermando la debenza del risarcimento richiesto dai lavoratori.

A cura di Fieldfisher