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Cassazione: l’indicazione del TFR nel CUD non ne prova il pagamento


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Con l’ordinanza n. 7186 del 18.03.2024, la Cassazione afferma che l’indicazione, all’interno del CUD, della somma dovuta al dipendente a titolo di TFR prova il relativo pagamento solo in presenza di un atto di quietanza del lavoratore stesso.

Il fatto affrontato

La lavoratrice propone domanda giudiziale di ammissione al passivo del fallimento della società datrice per la somma dovutale a titolo di trattamento di fine rapporto, indennità sostitutiva del preavviso e retribuzione.
Il Tribunale ammette solo i crediti vantati dalla ricorrente a titolo di indennità sostitutiva del preavviso, ritenendo non provato il credito a titolo di TFR in quanto inserito nel CUD rilasciato alla medesima.

L’ordinanza

La Cassazione – nel ribaltare la pronuncia di merito – rileva che le buste paga ed il CUD integrano i requisiti di prova documentale richiesti ai fini della opponibilità della prova scritta di un credito nei confronti del fallimento.

Tuttavia, secondo i Giudici di legittimità, in mancanza di un atto di quietanza del lavoratore-creditore, detti documenti non costituiscono prova del pagamento del credito da essi portato, in quanto provenienti dalla stessa parte interessata ad opporre il fatto estintivo.

Invero, continua la sentenza, il documento fa prova contro la parte che lo ha redatto e non in suo favore e, quindi, in caso di insinuazione al passivo, fa prova contro il curatore, che non assume la posizione di terzo, ma quella medesima del soggetto fallito.

Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso proposto dalla lavoratrice, statuendo il diritto della stessa a vedersi insinuata al passivo anche per la somma a lei spettante a titolo di TFR.

A cura di WST