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Cassazione: la formulazione generica della clausola del CCNL non impedisce la sussumibilità della condotta contestata al lavoratore


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Con l’ordinanza interlocutoria n. 14777 del 27.05.2021, la Cassazione afferma che - ai fini del riconoscimento della reintegra, ex art. 18, comma 4, L. 300/1970 - la condotta contestata in concreto al lavoratore può essere sussunta anche all’interno delle clausole generali del CCNL prevedenti sanzioni conservative (sul medesimo argomento si veda: Quando il licenziamento può dirsi illegittimo per riconducibilità della condotta ad ipotesi punite con sanzioni conservative?).

Il fatto affrontato

Il lavoratore, comandante delle guardie giurate, impugna giudizialmente il licenziamento per giusta causa irrogatogli per: avere, in una conversazione via chat con una collega, criticato e denigrato i responsabili dell'impresa; non aver denunciato l'aggressione con lesioni subita da una guardia giurata durante il servizio; aver omesso per cinque mesi di segnalare alla Questura i turni di servizio del personale, come imposto da precise direttive.
La Corte d’Appello, accertata l'irrilevanza disciplinare della prima contestazione e il "minimo rilievo" disciplinare delle altre due, annulla il recesso, riconoscendo al dipendente solo un’indennità economica.
A fondamento della predetta decisione e della mancata reintegra, i Giudici rilevano la non riconducibilità delle condotte ascritte al lavoratore all’ipotesi punita dal CCNL con sanzione conservativa, ma formulata in modo generico ed indefinito, di omessa denuncia di un fatto di servizio e di omessa trasmissione di alcuni documenti all'Autorità locale.

L’ordinanza

La Cassazione rileva, preliminarmente, che l'attività di sussunzione della condotta contestata al lavoratore nella previsione contrattuale espressa attraverso clausole generali non trasmoda nel giudizio di proporzionalità della sanzione rispetto al fatto contestato, ma si arresta alla interpretazione ed applicazione della norma contrattuale.

Secondo l’ordinanza, infatti, il giudice non compie una autonoma valutazione di proporzionalità della sanzione rispetto al fatto, ma interpreta il contratto collettivo e lo applica alla fattispecie concreta, determinando – ad esempio – se una condotta sia sussumibile o meno nella nozione giuridica di negligenza lieve.

Per i Giudici di legittimità, non sussumere una determinata condotta ad una clausola del CCNL solo perché formulata in modo generico, sarebbe lesivo del principio di ragionevolezza.
Invero, il frequente utilizzo, nei contratti collettivi, di clausole generali e di norme di chiusura è dettato dall'impossibilità pratica di una tipizzazione di tutte le condotte di rilievo disciplinare e dall'indeterminatezza in sé degli obblighi facenti capo al lavoratore.

A detta della Suprema Corte, ne consegue che la circostanza che alcune condotte non risultino tipizzate dai contratti collettivi come suscettibili di sanzioni conservative, specie in presenza di formule generali o aperte oppure di norme di chiusura, non può costituire un indice significativo e plausibile della volontà delle parti sociali di escludere tali condotte dal novero di quelle meritevoli delle sanzioni disciplinari più blande.

A cura di Fieldfisher