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Cassazione: licenziamento per inidoneità alla mansione, quando scatta la reintegra?


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Con l’ordinanza n. 9937 del 12.04.2024, la Cassazione afferma che in caso di licenziamento intimato per inidoneità fisica o psichica, la violazione dell'obbligo datoriale di adibire il lavoratore ad alternative possibili mansioni, idonee e compatibili con il suo stato di salute, integra l'ipotesi di difetto di giustificazione, suscettibile di reintegrazione.

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli per sopraggiunta inidoneità fisica alla mansione.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, sul presupposto che la società datrice non era riuscita a dimostrare di non poter affidare al ricorrente altre mansioni compatibili con il suo stato di salute.

L’ordinanza

La Cassazione – nel confermare la pronuncia di merito – rileva preliminarmente che, nell'ipotesi di licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta, sul lavoratore non grava alcun onere di indicare nel ricorso le posizioni alternative cui avrebbe potuto essere adibito.

Di contro, continua la sentenza, il datore di lavoro ha l'onere di provare la sussistenza delle giustificazioni del recesso.

In particolare, per i Giudici di legittimità, grava su parte datoriale, non solo il sopravvenuto stato di inidoneità del lavoratore e l'impossibilità di adibirlo a mansioni, eventualmente anche inferiori, compatibili con il suo stato di salute, ma anche l'impossibilità di adottare accomodamenti organizzativi ragionevoli.

Non ritenendo fornita detta prova nel caso di specie, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dalla società e conferma l’illegittimità dell’impugnato recesso.

A cura di WST