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Cassazione: i limiti al diritto di critica del lavoratore nei confronti del datore


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Con la sentenza n. 1379 del 18.01.2019, la Cassazione afferma che la critica avanzata da un lavoratore nei confronti del proprio datore sfocia in un illecito disciplinare laddove la stessa non rispetti i requisiti della verità, continenza e pertinenza (sul medesimo argomento si veda anche: Cassazione: legittimo il licenziamento del lavoratore che avanza una critica al datore oltrepassando il c.d. minimo etico Cassazione: dipendente ha diritto di criticare l’azienda senza utilizzare termini offensivi).

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento disciplinare irrogatogli per aver inviato alla stampa locale una lettera in cui accusava i dirigenti della società datrice di lasciare inutilizzato un mezzo del valore di 300.000,00 € al fine di favorire delle ditte esterne.

La sentenza

La Cassazione afferma, preliminarmente, che, nell'ambito del rapporto di lavoro, ai sensi dell'art. 1 della l. 300/1970, tutti i dipendenti hanno il diritto di manifestare liberamente, nel rispetto dei principi della Costituzione, il proprio pensiero sul luogo di lavoro anche attraverso l’utilizzo di espressioni critiche nei confronti della parte datoriale, sebbene il vincolo di subordinazione imponga al prestatore obblighi di fedeltà e collaborazione.

Secondo i Giudici di legittimità, l'esercizio del diritto di critica dei lavoratori nei confronti del datore è lecito in quanto espressione del diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, ex art. 21 Cost., ma incontra un limite nella tutela dell'onore, della reputazione e del decoro del datore stesso, garantita dall’art. 2 Cost.

Per la sentenza, dunque, la critica manifestata dal lavoratore all'indirizzo del datore può trasformarsi da esercizio lecito di un diritto in una condotta astrattamente idonea a configurare un illecito disciplinare laddove superi i limiti posti a presidio della dignità della persona umana.
La predetta critica deve, quindi, rispettare i canoni della continenza - sia sostanziale (i fatti narrati devono corrispondere a verità) che formale (l'esposizione della critica deve avvenire con correttezza e civile rispetto della dignità altrui) - e della pertinenza (rispondenza della critica ad un interesse meritevole in confronto con il bene suscettibile di lesione).

Conclusivamente, la Suprema Corte afferma che, qualora anche solo uno dei predetti limiti venga travalicato, la critica avanzata dal lavoratore assume l'attitudine ad integrare un illecito disciplinare che porta, però, all’irrogazione della massima sanzione espulsiva soltanto nel caso in cui provochi una irrimediabile lesione del vincolo fiduciario.

A cura di Fieldfisher