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Cassazione: la responsabilità solidale ed il beneficio di escussione nei contratti d’appalto


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Con la sentenza n. 444 del 10.01.2019, la Cassazione afferma che tra appaltatore e committente sussiste una responsabilità solidale, in relazione ai trattamenti retributivi e contributivi dei lavoratori impiegati nell’appalto, con la conseguenza che questi ultimi possono agire direttamente nei confronti dell’appaltante senza necessariamente esperire un’azione preventiva contro la società datrice (sul medesimo argomento si veda: Cassazione: solidarietà passiva e onere della prova nei contratti d’appalto).

Il fatto affrontato

La lavoratrice ricorre giudizialmente avverso la società datrice - operante nell’ambito di un contratto d’appalto - e l’azienda committente, al fine di ottenere somme retributive (TFR, tredicesima e quattordicesima mensilità, retribuzioni, indennità sostitutiva delle ferie e permessi ROL non goduti) non corrispostele.
Il Tribunale - con pronuncia poi confermata in appello - accoglie la predetta domanda, ritenendo sussistente tra le ditte convenute un’obbligazione solidale in senso stretto, con conseguente irrilevanza di una preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore, come, invece, chiesto dal committente.

La sentenza

La Cassazione, confermando quanto stabilito dal Tribunale e dalla Corte d’Appello, afferma, preliminarmente, che la ratio che sorregge l’art. 29 del D.Lgs. 276/2003 è quella di incentivare un utilizzo più virtuoso del contratto di appalto, inducendo il committente a selezionare imprenditori affidabili e a controllarne successivamente l'operato per tutta la durata del rapporto contrattuale.
Ciò, in ossequio anche alla posizione assunta sul punto dalla Corte Costituzionale con la sentenza 254/2017, secondo la quale la finalità dell'introduzione della responsabilità solidale del committente è quella di evitare il rischio che i meccanismi di decentramento e di dissociazione fra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione, vadano a danno dei lavoratori coinvolti.

Secondo i Giudici di legittimità, l’obbligazione del committente, pur avendo carattere accessorio, non può essere considerata né sussidiaria né eventuale, rientrando, invece, nell’alveo di un’obbligazione solidale strictu sensu.
Ne consegue che - tranne che per i rapporti sorti nel periodo compreso tra il 2012, anno in cui la l. 92 aveva introdotto il c.d. beneficium excussionis, ed il 2017, allorquando il D.L. 25 ha abrogato la predetta disciplina - i lavoratori coinvolti possono scegliere di rivolgersi direttamente alle imprese ritenute più solide e solvibili (quindi, generalmente, al committente) per ottenere le retribuzioni e i versamenti contributivi non percepiti a fronte dell’opera prestata nell’appalto, senza dover intentare una preventiva azione nei confronti delle società datrici.

Su tali presupposti, la Suprema Corte conferma l’obbligo dell’azienda committente di corrispondere alla lavoratrice le spettanze economiche non ricevute in ordine al periodo in cui la medesima ha prestato la propria attività nell’ambito del contratto d’appalto.

A cura di Fieldfisher