Con la sentenza n. 2720 del 13.10.2023, il Tribunale di Bari afferma che, nell’ipotesi in cui la retribuzione prevista dal CCNL applicato al rapporto non rispetti la proporzionalità e la sufficienza di cui all’art. 36 Cost., il giusto salario minimo deve essere determinato giudizialmente (sullo stesso tema si veda: Cassazione: il giudice può fissare il salario minimo costituzionale).
Il fatto affrontato
Il lavoratore - deducendo di percepire una retribuzione oraria pari ad € 5,37 e, dunque, non rispettosa dei parametri di cui all’art. 36 Cost. - ricorre giudizialmente al fine di chiedere la condanna della società datrice alle differenze derivanti dall’applicazione del CCNL di un settore similare.
La sentenza
Il Giudice afferma, preliminarmente, che la proporzionalità e la sufficienza della retribuzione a cui fa riferimento l’art. 36 Cost. sono concetti autonomi e ben distinti dalla volontà delle parti sociali che si esprime nella contrattazione collettiva.
Secondo il Giudicante, invero, non può escludersi a priori che il trattamento retributivo determinato dalla contrattazione collettiva, pur dotata di ogni crisma di rappresentatività, possa risultare in concreto lesivo del principio di proporzionalità alla quantità e qualità del lavoro di cui deve costituire il corrispettivo e/o di sufficienza ad assicurare al dipendente ed alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
Per la sentenza, quindi, spetta al giudice operare detto controllo e - in caso di riscontrata violazione dei precetti costituzionali - determinare il giusto salario minimo, servendosi a fini parametrici del trattamento retributivo stabilito in altri contratti collettivi di settori affini e per mansioni analoghe.
Su tali presupposti, il Tribunale di Bari accoglie il ricorso del lavoratore, dichiarando il diritto dello stesso a vedersi riconosciuta la retribuzione prevista dal CCNL di un settore affine, in quanto rispettosa dell’art. 36 Cost.
A cura di Fieldfisher