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Cassazione: nel pubblico impiego la contrattazione integrativa non può prevedere trattamenti economici ulteriori


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Con la sentenza n. 24807 del 18.08.2023, la Cassazione ribadisce il principio di diritto secondo cui: “nell'ambito del pubblico impiego privatizzato, la contrattazione integrativa non può riconoscere ai dipendenti un trattamento economico ulteriore che non sia previsto dalla contrattazione collettiva nazionale, unica abilitata in materia”.

Il fatto affrontato

Alcuni medici ricorrono giudizialmente al fine di ottenere l'accertamento del diritto al pagamento dell'assegno ad personam loro attribuito al momento del trasferimento dalle preesistenti e soppresse aziende sanitarie locali, secondo quanto concordato a livello di contrattazione collettiva decentrata.
La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, ritenendo illegittimo il riconoscimento di un compenso non conforme alle previsioni della contrattazione collettiva nazionale.

La sentenza

La Cassazione - confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello - rileva preliminarmente che, nel settore pubblico, i contratti integrativi non possono andare in contrasto con i vincoli e con i limiti risultanti dal CCNL né possono disciplinare materie non espressamente delegate a tale livello negoziale né, infine, possono prevedere oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione.

Secondo i Giudici di legittimità, dunque, le pubbliche amministrazioni non possono sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi che prevedano l’erogazione di compensi ulteriori rispetto a quelli previsti dal CCNL.

In tale ipotesi, per la sentenza, la violazione di legge è integrata semplicemente dall'assenza di un collegamento tra il riconoscimento del trattamento economico aggiuntivo e una coerente previsione nella contrattazione nazionale, senza la necessità che ciò abbia determinato il superamento dei vincoli di bilancio.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso dei pubblici dipendente, confermando la non debenza dell’assegno richiesto.

A cura di Fieldfisher