Con l’ordinanza n. 25421 del 29.08.2023, la Cassazione afferma che lo svolgimento dell'incarico di direttore responsabile di un'unità operativa complessa, in sostituzione del collega andato in quiescenza e sino alla nomina del nuovo titolare, non dà diritto al trattamento economico che riceveva il responsabile sostituito.
Il fatto affrontato
Il medico cita in giudizio l’Azienda Sanitaria datrice e l'INPS per chiedere la condanna della prima al pagamento delle differenze retributive e dei relativi contributi dovuti per le mansioni superiori di direttore responsabile di Unità Operativa Complessa svolte, dal 2009 al 2015, a seguito del pensionamento del collega formalmente adibito al ruolo.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, condannando l’Azienda a pagare la somma di € 62.881,78, in linea capitale, e a regolarizzare la posizione contributiva.
L’ordinanza
La Cassazione – nel ribaltare la pronuncia di merito – rileva, preliminarmente, che la sostituzione nell'incarico di dirigente medico del servizio sanitario nazionale non si configura come svolgimento di mansioni superiori, poiché avviene nell'ambito del ruolo e livello unico della dirigenza sanitaria.
Per la sentenza, ne consegue che non trova applicazione l'art. 2103 c.c. ed al sostituto non spetta il trattamento accessorio del sostituito, ma solo la prevista indennità c.d. sostitutiva, senza che rilevi, in senso contrario, la prosecuzione dell'incarico oltre il termine previsto per l'espletamento della procedura per la copertura del posto vacante.
Secondo i Giudici di legittimità, infatti, deve considerarsi adeguatamente remunerativa l'indennità sostitutiva specificamente prevista dalla disciplina collettiva con conseguente inapplicabilità dell’art. 36 Cost.
Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso proposto dall’Azienda, statuendo la non debenza delle richieste differenze retributive.
A cura di Fieldfisher