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Tribunale di Firenze: illegittimo il licenziamento del dipendete che aveva offeso il superiore in un gruppo whatsapp


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Con la sentenza del 16.10.2019, il Tribunale di Firenze afferma che l’invio, mediante una chat su whatsapp tra colleghi di lavoro, di messaggi di contenuto offensivo nei confronti di un superiore gerarchico, non ha portata rilevante sul piano disciplinare stante il carattere riservato della comunicazione (sullo stesso tema si veda: Cassazione: illegittimo il licenziamento irrogato al dipendente che offende il datore nella chat privata).

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento per giusta causa irrogatogli per aver inviato, all’interno di un gruppo whatsapp creato con i colleghi, alcuni messaggi vocali, riferiti al superiore gerarchico e ad altri dipendenti, aventi contenuti offensivi, denigratori, minatori e razzisti.
A fondamento della predetta domanda, il medesimo deduce l’irrilevanza disciplinare di detti messaggi, essendo stati registrati in una chat privata.
Nel costituirsi in giudizio, la società datrice sostiene, invece, di aver legittimamente intimato il licenziamento, essendo tenuta ex art. 2087 c.c. a tutelare l’integrità fisica e morale dei dipendenti oggetto delle espressioni offensive e minacciose del ricorrente.

La sentenza

Il Tribunale di Firenze rileva, preliminarmente, che la giurisprudenza di legittimità – in ordine alla fattispecie di messaggi di contenuto offensivo o diffamatorio diffusi dal dipendente tramite strumenti informatici - ha preso distinte posizioni a seconda che l’invio degli stessi sia avvenuto tramite strumenti potenzialmente idonei a raggiungere un numero indeterminato di persone (ad esempio bacheca facebook) ovvero mediante strumenti ad accesso limitato, con esclusione della possibilità che le comunicazioni ivi inserite siano conoscibili da soggetti diversi dai partecipanti (ad esempio chat privata).

In quest’ultimo caso, è stata esclusa la sussistenza di una giusta causa di licenziamento, sul presupposto che l’invio di messaggi riservati ai soli partecipanti ad una chat è logicamente incompatibile con i requisiti propri della condotta diffamatoria, ove anche intesa in senso lato, che richiede quale destinazione delle comunicazioni la divulgazione nell'ambiente sociale.

Alla luce di ciò, la sentenza afferma che i messaggi vocali indirizzati ad un gruppo chiuso, e quindi insuscettibili di diffusione all’esterno, sono equiparabili a corrispondenza privata e non possono configurare atti idonei a comunicare pubblicamente affermazioni offensive, discriminatorie o minatorie, con conseguente insussistenza di fatto connotato dal carattere di illiceità.

Applicando i predetti principi al caso di specie, il Tribunale di Firenze dichiara l’insussistenza del fatto addebitato al dipendente e, in accoglimento del ricorso dal medesimo proposto, dispone la sua reintegra nel posto di lavoro.

A cura di Fieldfisher