Con la sentenza n. 6 del 02.01.2020, la Cassazione afferma che, in tema di licenziamento nel pubblico impiego privatizzato, il principio di autonomia del processo penale e del procedimento disciplinare è una norma imperativa non derogabile ad opera della contrattazione collettiva.
Il fatto affrontato
La lavoratrice impugna giudizialmente il licenziamento irrogatole dalla Fondazione datrice per aver avuto accesso abusivamente ad account di posta elettronica aziendali e per aver acquisito documenti riservati senza autorizzazione.
A fondamento della predetta domanda, la medesima deduce – tra le altre cose – l’applicabilità al rapporto del CCNL Sanità pubblica, che nel caso di commissione in servizio di gravi illeciti, prevede la sospensione del procedimento disciplinare fino al giudicato penale.
La sentenza
La Cassazione - ribaltando quanto stabilito dalla Corte d’Appello - afferma che, nel pubblico impiego privatizzato, l'art. 55 ter del D.Lgs. 165/2001, che ha previsto la regola generale della autonomia del processo penale e del procedimento disciplinare, si applica a tutti i fatti disciplinarmente rilevanti.
Per i Giudici di legittimità, la predetta disposizione costituisce norma imperativa ai sensi e per gli effetti degli artt. 1339 e 1419, secondo comma, c.c.
Ne consegue che la stessa non può essere derogata dalla contrattazione collettiva e che in presenza di clausole contrattuali difformi si verifica la sostituzione automatica della clausola nulla con la disciplina legale.
Secondo la sentenza dunque non può ritenersi applicabile nei rapporti di pubblico impiego privatizzato la norma contenuta dal CCNL Sanità pubblica richiamata dalla lavoratrice.
Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso della Fondazione, potendo la stessa legittimamente irrogare il licenziamento disciplinare senza dover obbligatoriamente attendere l’esito del processo penale basato sugli stessi avvenimenti.
A cura di Fieldfisher