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Cassazione: le quindici mensilità in luogo della reintegra possono essere chieste anche sulla base dell’ordinanza conclusiva della fase sommaria nel rito Fornero


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Con la sentenza n. 16024 del 18.06.2018, la Cassazione afferma che, nell’ambito di un’impugnativa di licenziamento, mediante il rito speciale introdotto dalla l. 92/2012, il prestatore ha diritto a richiedere le quindici mensilità, in luogo della reintegrazione nel posto di lavoro, anche all’esito dell’ordinanza emessa a conclusione della fase sommaria.

Il fatto affrontato

A seguito dell’ordinanza di reintegra nel proprio posto di lavoro, emessa a conclusione della fase sommaria dell’impugnativa di licenziamento proposta mediante rito Fornero, il prestatore decide di optare per l’indennità sostitutiva pari a quindici mensilità della retribuzione globale di fatto.
La società datrice impugna detto provvedimento sostenendo l’impossibilità di esercitare tale diritto d’opzione sulla base di una pronuncia conclusiva di una fase sommaria.

La sentenza

La Cassazione afferma, preliminarmente, che nel c.d. rito Fornero già con l'ordinanza resa dal giudice all'esito della fase sommaria può essere accolta la domanda avente ad oggetto l'impugnativa del licenziamento, con provvedimento immediatamente esecutivo e, ricorrendone i presupposti, può essere disposta la reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro ai sensi dell'art. 18 della l. 300/1970.

Secondo i Giudici di legittimità, quindi, da tale ordine di reintegrazione discendono pacificamente anche gli effetti previsti dal comma 3 del citato art. 18 (così come novellato dalla l. 92/2012), secondo cui il lavoratore può chiedere, in alternativa alla reintegra, un'indennità pari a quindici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto.

Il contenuto dell’ordinanza è, infatti, del tutto sovrapponibile a quello reso con sentenza all'esito di un giudizio a cognizione ordinaria prima dell'entrata in vigore del procedimento previsto dalla legge Fornero ed è dotato di efficacia esecutiva che non può essere sospesa o revocata fino alla pronuncia con cui il giudice definisce il giudizio di opposizione.
Inoltre, in caso mancata opposizione nel termine fissato a pena di decadenza, l'ordine di reintegrazione pronunciato nella fase sommaria diviene irretrattabile e può accadere che solo da esso derivino le conseguenze previste dall'art. 18, tra cui anche la facoltà di opzione.

Ulteriormente, a giudizio della Corte, non è ostativo alla suddetta interpretazione il fatto che l'ordine di reintegrazione possa essere revocato all'esito del giudizio di opposizione, posto che anche la sentenza di reintegrazione di primo grado può essere riformata in appello e quella che dispone la reintegrazione in appello può essere cassata o riformata a seguito di rinvio.

Applicando tali principi al caso di specie, la Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dalla società.

A cura di Fieldfisher