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Cassazione: le ipotesi di giusta causa previste dal CCNL hanno valenza meramente esemplificativa


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Con l’ordinanza n. 138 del 07.01.2019, la Cassazione ribadisce che, mentre per le sanzioni disciplinari con effetto conservativo l'elencazione contenuta nei contratti collettivi ha valore rigido e vincolante, con riferimento alle ipotesi di giusta causa di licenziamento, la stessa ha, invece, una valenza meramente esemplificativa di tutta la casistica eventualmente configurabile.

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento per giusta causa irrogatogli per assenza ingiustificata.
A fondamento della propria domanda, il medesimo deduce l’illegittimità del recesso perché, da un lato, fondato anche sulla recidiva, riferita a due analoghe condotte precedentemente sanzionate con provvedimenti di natura conservativa, ma non contestata e, dall’altro, perché la condotta posta in essere non era ricompresa dal CCNL tra le ipotesi legittimanti la giusta causa.

L’ordinanza

La Cassazione, confermando la statuizione della Corte d’Appello, ribadisce il principio secondo cui l'elencazione delle ipotesi di giusta causa di licenziamento contenute nei contratti collettivi, contrariamente a quanto previsto per le sanzioni disciplinari con effetto conservativo, ha valenza meramente esemplificativa.
Ne consegue che non può, quindi, essere esclusa la sussistenza della giusta causa, ogniqualvolta vi sia un grave inadempimento od un grave comportamento del lavoratore contrario alle norme di etica o del comune vivere civile, seppur il predetto comportamento non rientri tra le ipotesi espressamente previste dal CCNL.

Secondo i Giudici di legittimità, infatti, ai fini della presenza della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo, è sufficiente la sussistenza di una grave violazione, da parte del lavoratore, degli obblighi di diligenza e di fedeltà ovvero delle regole di correttezza e di buona fede, di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., tale da ledere in via definitiva il vincolo fiduciario e da rendere proporzionata la sanzione irrogata.
A tal fine, continua la sentenza, è possibile prendere in considerazione anche comportamenti non oggetto di contestazione - come avvenuto nel caso di specie - per addivenire ad una valutazione complessiva della gravità della condotta, delle inadempienze del dipendente e della proporzionalità del provvedimento sanzionatorio.

Su tali presupposti, la Suprema Corte respinge il ricorso del lavoratore, confermando la legittimità del licenziamento al medesimo irrogato.

A cura di Fieldfisher