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Cassazione: illegittimo il licenziamento irrogato tre anni dopo il furto di beni aziendali


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Con l’ordinanza n. 2869 del 31.01.2022, la Cassazione afferma che l'immediatezza del licenziamento rispetto alla condotta censurata è un elemento costitutivo del diritto al recesso, in quanto la tardività della contestazione induce ragionevolmente a ritenere che il datore abbia soprasseduto ritenendo non grave la colpa del dipendente.

Il fatto affrontato

Due lavoratori impugnano giudizialmente il licenziamento irrogatogli nel 2016, in conseguenza di un furto di beni aziendali avvenuto nel 2013.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, ritenendo lese le esigenze difensive dei ricorrenti che il principio di tempestività mira a tutelare.

L’ordinanza

La Cassazione - nel confermare la statuizione della Corte d’Appello - rileva, preliminarmente, che l’importanza del principio della tempestività della contestazione risiede, oltre che nel semplice rispetto delle regole di natura procedimentale, anche e soprattutto nella necessità di garantire al lavoratore una difesa effettiva e di sottrarlo al rischio di un arbitrario differimento dell'inizio del procedimento disciplinare.

Per la sentenza, ne consegue che il ritardo notevole e non giustificato della contestazione determina un affievolimento della garanzia per il dipendente incolpato di espletare in modo pieno la propria difesa effettiva nell'ambito del procedimento disciplinare.
Garanzia, quest'ultima, che non può certo essere vanificata da un comportamento del datore di lavoro non improntato ai canoni di correttezza e buona fede.

Secondo i Giudici di legittimità è, quindi, onere del datore di lavoro dimostrare le ragioni impeditive della tempestiva contestazione del fatto poi addebitato al dipendente.

Su tali presupposti, la Suprema Corte – non ritenendo assolto il predetto onere nel caso di specie – rigetta il ricorso proposto dalla società e conferma l’illegittimità degli impugnati licenziamenti.

A cura di Fieldfisher