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Cassazione: è legittimo il licenziamento basato su una sentenza penale non passata in giudicato?


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Con la sentenza n. 41892 del 29.12.2021, la Cassazione afferma che, nell’ambito del pubblico impiego, il giudicato penale segna solo il termine massimo finale della sospensione del procedimento disciplinare attivato nei confronti del dipendente e non vincola l'amministrazione ad attendere l'irrevocabilità della sentenza prima di irrogare la sanzione.

Il fatto affrontato

La lavoratrice impugna giudizialmente il licenziamento irrogatole dal Ministero datore a seguito dell’emanazione della sentenza che l’aveva condannata per il reato di truffa ai danni dello Stato in relazione ad assenze ingiustificate occultate attraverso la falsa attestazione della presenza in servizio.
La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, ritenendo legittima – contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente – l’irrogazione del licenziamento sulla base di una sentenza non passata in giudicato.

La sentenza

La Cassazione - confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello - rileva, preliminarmente, che l'Amministrazione ha la facoltà e non l’obbligo di sospendere il procedimento disciplinare fino al termine di quello penale, in ragione della complessità degli accertamenti da compiere.

In particolare, secondo i Giudici di legittimità, dalla circostanza che detta sospensione sia solo facoltativa ne discende che la PA datrice non sia affatto tenuta ad attendere il passaggio in giudicato della pronuncia penale.

Per la sentenza, ciò non comporta alcuna violazione del principio di non colpevolezza sancito dall'art. 27 Cost., posto che lo stesso concerne le garanzie relative all'attuazione della pretesa punitiva dello Stato e non può essere applicato, in via analogica o estensiva, all'esercizio da parte del datore di lavoro della facoltà di recesso per giusta causa.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso della lavoratrice, confermando la legittimità del recesso irrogatole.

A cura di Fieldfisher