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Cassazione: condizioni di legittimità del licenziamento irrogato a mezzo telegramma


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Con la sentenza n. 10023 del 15.04.2021, la Cassazione afferma che il datore di lavoro che abbia intimato il licenziamento con telegramma, in caso di contestazione, ha l'onere di provare di aver sottoscritto l’atto o di aver, quantomeno, consegnato la comunicazione all'ufficio di partenza.

Il fatto affrontato

La Corte d’Appello accoglie il ricorso della lavoratrice e dichiara inefficace il licenziamento irrogato alla medesima a mezzo telegramma, non ritenendo in alcun modo provata la riferibilità di detta comunicazione datore di lavoro.

La sentenza

La Cassazione - confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello - rileva che, ai sensi dell’art. 2 della L. 604/1966, il licenziamento deve essere comunicato al lavoratore con un atto scritto e firmato dal datore o da un suo rappresentante (che ne abbia il potere generale o specifica procura).

Per la sentenza, in caso di contestazione da parte del destinatario del recesso intimato a mezzo di telegramma, è onere del datore quello di fornire la prova della ricorrenza delle condizioni poste dall'art. 2705 c.c. per l'equiparazione del telegramma alla scrittura privata.

Secondo i Giudici di legittimità, in altri termini, il datore deve dimostrare che l'originale consegnato all'ufficio di partenza sia da lui sottoscritto ovvero che, in mancanza di sottoscrizione, l'originale sia stato da lui consegnato o fatto consegnare all'ufficio di partenza.

Non ritenendo assolto detto onere nel caso di specie, la Suprema Corte rigetta il ricorso della società e conferma, quindi, l’inefficacia del licenziamento dalla stessa irrogato.

A cura di Fieldfisher