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Cassazione: il lavoratore costretto all’inattività forzata ha diritto al risarcimento del danno alla professionalità


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Con la sentenza n. 11169 del 09.05.2018, la Cassazione afferma che il comportamento del datore di lavoro che costringe il dipendente all’inattività forzata, essendo lesivo della dignità professionale del prestatore, genera un danno rilevante sul piano patrimoniale, risarcibile anche in via equitativa (sul punto si veda: Cassazione: ha diritto al risarcimento del danno il dipendente privato dei propri compiti).

Il fatto affrontato

A seguito della sentenza di reintegra nel posto di lavoro di un dipendente illegittimamente licenziato, l’azienda costringe lo stesso all’inattività.
In conseguenza di ciò, il lavoratore ricorre giudizialmente al fine di richiedere alla società il risarcimento del danno alla professionalità.

La sentenza

La Cassazione, confermando quanto stabilito dalla Corte di Appello, afferma che il comportamento del datore di lavoro che lascia in condizione di inattività il dipendente non solo viola l'art. 2103 c. c., ma è al tempo stesso lesivo del fondamentale diritto al lavoro, inteso soprattutto come mezzo di estrinsecazione della personalità di ciascun cittadino, nonché dell'immagine e della professionalità del dipendente, ineluttabilmente mortificate dal mancato esercizio delle prestazioni tipiche della qualifica di appartenenza.

Tale comportamento, a giudizio della Corte, comporta una lesione di un bene immateriale, quale la dignità professionale del lavoratore, intesa come esigenza umana di manifestare la propria utilità e le proprie capacità nel contesto lavorativo, che produce automaticamente un danno rilevante sul piano patrimoniale, per la sua attinenza agli interessi personali del prestatore, suscettibile di valutazione e risarcimento anche in via equitativa.
Danno, la cui entità, secondo i Giudici di legittimità, deve essere parametrata alla qualità e quantità della esperienza lavorativa pregressa, al tipo di professionalità colpita, alla durata del demansionamento, all'esito finale della dequalificazione ed alle altre circostanze del caso concreto.

Su tali presupposti, la Suprema Corte, ha rigettato il ricorso proposto dalla società, confermando il diritto al risarcimento del danno del dipendente illegittimamente costretto all’inattività.

A cura di Fieldfisher