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Cassazione: danno da demansionamento provabile anche per presunzioni


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Con l’ordinanza n. 6275 del 08.03.2024, la Cassazione afferma che, se è vero che il danno da demansionamento non è in re ipsa, tuttavia la prova dello stesso può essere data anche per presunzioni.

Il fatto affrontato

Il lavoratore ricorre giudizialmente al fine di sentir condannare la società datrice al risarcimento del danno conseguente a demansionamento.
La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, stante la carenza, nel ricorso introduttivo del giudizio, dell'allegazione di un danno in concreto sofferto.

L’ordinanza

La Cassazione – nel ribaltare la pronuncia di merito – rileva, preliminarmente, che il danno da demansionamento non è in re ipsa.

Tuttavia, continua la sentenza, la prova di tale danno può essere data, ai sensi dell'art. 2729 c.c., anche attraverso l'allegazione di presunzioni gravi, precise e concordanti.

Secondo i Giudici di legittimità, possono – a tal fine – essere valutati, quali elementi presuntivi, la qualità e quantità dell'attività lavorativa svolta, il tipo e la natura della professionalità coinvolta, la durata del demansionamento, la diversa e nuova collocazione lavorativa assunta dopo la prospettata qualificazione.

Su tali presupposti, non ritenendo che la pronuncia impugnata abbia fatto corretta applicazione di detti principi, la Suprema Corte accoglie il ricorso proposto dal dipendente.

A cura di WST