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Cassazione: requisiti necessari per ottenere la stabilizzazione del rapporto di lavoro precario alle dipendenze della PA


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Con l’ordinanza n. 9031 del 01.04.2019, la Cassazione afferma che, ai sensi di quanto previsto dalla legge finanziaria per l’anno 2007, la stabilizzazione del personale non dirigenziale a tempo determinato in servizio presso le Pubbliche Amministrazioni è una facoltà e non un obbligo posto in capo agli Enti interessati, che presuppone, comunque, il superamento di un apposito concorso da parte dei lavoratori coinvolti.

Il fatto affrontato

La lavoratrice - essendo in possesso del diploma di tecnico dei servizi sociali ed avendo svolto, per più di tre anni, attività di assistenza ai disabili in virtù di una serie di rapporti a convenzione stipulati dapprima per il tramite di una Cooperativa e, poi, direttamente con la ASL - ricorre giudizialmente al fine di richiedere la stabilizzazione del proprio rapporto di lavoro alle dipendenze dell’Azienda Sanitaria Locale, ai sensi dell'art. 1, comma 519, della legge 296/2006.
La Corte d’Appello respinge la predetta domanda, sul presupposto che la legge de qua aveva previsto la facoltà e non l’obbligo di stabilizzare il personale precario, previo superamento, comunque, di un concorso pubblico.

L’ordinanza

La Cassazione, confermando la statuizione della Corte d’Appello, afferma che l'art. 1, comma 519, della legge 296/2006 non ha attribuito un diritto soggettivo all'assunzione a tutto il personale precario delle pubbliche amministrazioni, bensì ha solo avviato un processo di graduale riassorbimento di tale precariato con l’instaurazione di stabili rapporti di lavoro a tempo indeterminato.
Processo che necessariamente risulta condizionato dal rispetto delle disponibilità finanziarie e della necessaria predeterminazione del fabbisogno di personale, nonché dal possesso da parte dell'aspirante alla stabilizzazione dei requisiti necessari per l'accesso all'impiego pubblico.

Per i Giudici di legittimità, la predetta norma, quindi, deroga alle normali procedure di reclutamento limitatamente al carattere riservato e non aperto del concorso, ma presuppone in ogni caso il superamento di procedure selettive, imposto dal principio costituzionale sancito dall'art. 97 Cost.

Secondo la sentenza, pertanto, l’unico inadempimento in cui potrebbero incorrere le Pubbliche Amministrazioni è l’inosservanza dell'obbligo di bandire la procedura riservata, che potrebbe legittimare, però, soltanto una pretesa risarcitoria in relazione al danno da perdita di chance, ma mai fondare il diritto alla costituzione del rapporto di impiego.

Non ravvisando neppure quest’ultima circostanza nel caso di specie, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dalla lavoratrice.

A cura di Fieldfisher