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Cassazione: le conseguenze della mancata motivazione dell’assegnazione dell’incarico all’esterno


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Con la sentenza n. 6308 del 08.03.2021, la Cassazione afferma che, soltanto a far data dell’entrata in vigore del D.Lgs. 150/2009 (anche conosciuto come riforma Brunetta), la PA è tenuta a motivare l’assegnazione di incarichi a personale esterno non appartenente alla dotazione organica dell’Ente, spiegando perché la comprovata qualifica professionale di cui il destinatario dell’incarico è in possesso non può essere rinvenuta nei ruoli dell’amministrazione.

Il fatto affrontato

Il lavoratore ricorre giudizialmente nei confronti della Regione per chiedere la dichiarazione di illegittimità della risoluzione anticipata dell'incarico dirigenziale e la condanna dell’Ente al risarcimento dei danni patrimoniali, quantificati in misura pari alle retribuzioni dovute fino alla scadenza pattuita del suddetto incarico.
La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, sul presupposto che la delibera della giunta regionale che aveva conferito l’incarico al ricorrente difettava di un requisito ritenuto essenziale, previsto dall’art. 19, comma 6, D.Lgs. 165/2001, nella parte in cui impone l'obbligo di motivare in modo esplicito i presupposti che hanno indotto ad attribuire gli incarichi dirigenziali a soggetti esterni.

La sentenza

La Cassazione - ribaltando quanto stabilito dalla Corte d’Appello - rileva, preliminarmente, che i principi di imparzialità e di buon andamento della PA postulano che le scelte di quest'ultima, anche quando agisce come datore di lavoro privato affidando incarichi a soggetti esterni, siano trasparenti ed adeguatamente motivate.

Tuttavia, secondo i Giudici di legittimità, dalla mancanza della motivazione non deriva la nullità degli atti con i quali la Pubblica Amministrazione si avvale, ricorrendone i presupposti, della facoltà di affidare incarichi dirigenziali a soggetti estranei, a meno che tale mancanza non sia sanzionata in modo esplicito da norme di legge.

Per la sentenza, dunque, la mancata motivazione dell’affidamento può essere generalmente fonte di responsabilità per inadempimento, ovvero disciplinare o contabile, ove ne ricorrano i presupposti, ma non può di per sé sola comportare la nullità degli atti.

Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso del lavoratore, affermando che la delibera che gli aveva affidato l’incarico dirigenziale non era affetta da nullità, anche perché emanata prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 150/2009 che aveva previsto l’obbligo di motivazione degli affidamenti a soggetti esterni.

A cura di Fieldfisher