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Cassazione: la nullità della cessione del ramo si estende anche al relativo trasferimento di sede del lavoratore


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Con l’ordinanza n. 1293 del 17.01.2023, la Cassazione afferma che il trasferimento, disposto nell’ambito di una cessione del ramo d’azienda dichiarata nulla, risulta affetto dalla medesima nullità se l’originaria datrice non dimostra le ragioni giustificatrici del provvedimento ai sensi dell’art. 2103 c.c.

Il fatto affrontato

A seguito della declaratoria giudiziale di nullità della cessione del ramo d'azienda cui era adibito, il lavoratore ricorre avverso la sua originaria datrice al fine di sentir dichiarare la nullità anche del suo trasferimento alla sede di Milano operato all’esito del citato trasferimento d’azienda.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, posto che l’assegnazione del ricorrente alla sede milanese, soggetta alla disciplina di cui all’art. 2103 c.c., risultava sprovvista di adeguate motivazioni.

L’ordinanza

La Cassazione – nel confermare la pronuncia di merito – rileva che l'ottemperanza del datore all'ordine giudiziale di riammissione in servizio implica il ripristino della posizione di lavoro del dipendente.

Per la sentenza, ciò significa che il reinserimento nell'attività lavorativa deve avvenire nel luogo precedente e nelle mansioni originarie, a meno che il datore non intenda disporre il trasferimento del lavoratore ad un’altra unità produttiva.

Secondo i Giudici di legittimità, tale ultima circostanza deve, però, essere giustificata da sufficienti ragioni tecniche, organizzative e produttive, pena la nullità del relativo provvedimento datoriale.

Non rinvenendo questi elementi nel caso di specie, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dall’azienda e conferma la nullità del trasferimento dalla stessa disposto.

A cura di Fieldfisher