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Cassazione: è estorsione decurtare lo stipendio minacciando il licenziamento


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Con la sentenza n. 41985 del 07.11.2022, la Cassazione penale afferma che deve essere condannato per estorsione il datore di lavoro che, sotto la minaccia del licenziamento, decurta lo stipendio ai dipendenti facendosi restituire parte degli emolumenti in contanti.

Il fatto affrontato

Due imprenditori vengono ritenuti responsabili, in concorso tra loro, del reato di estorsione in danno di una loro dipendente, per averla costretta a restituire parte dello stipendio percepito mensilmente con la minaccia del licenziamento.

La sentenza

La Cassazione - confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello – rileva, preliminarmente, che costringere un lavoratore a restituire in contanti parte della retribuzione mensile, per evitare il licenziamento, integra il reato di estorsione.

In tali circostanze, per la sentenza, non risulta applicabile neanche la condizione attenuante di cui all’art. 62, comma 4, c.p. (applicabile nell’ipotesi in cui venga cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di speciale tenuità), stante gli effetti dannosi connessi alla lesione della persona destinataria delle minacce.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso dei due titolari della società datrice, confermando sia la loro colpevolezza che la pena inflittagli, in quanto ritenuta proporzionata.

A cura di Fieldfisher