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Cassazione: non è valida la conciliazione sottoscritta in sede aziendale


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Con l’ordinanza n. 10065 del 15.04.2025, la Cassazione afferma il seguente principio di diritto: “La conciliazione in sede sindacale, ai sensi dell'art. 411, comma 3, c.p.c., non può essere validamente conclusa presso la sede aziendale, non potendo quest'ultima essere annoverata tra le sedi protette mancando del carattere di neutralità indispensabile a garantire, unitamente all'assistenza prestata dal rappresentante sindacale, la libera determinazione della volontà del lavoratore”.

Il fatto affrontato

Il lavoratore ricorre giudizialmente al fine di chiedere la nullità del verbale di conciliazione con cui era stata pattuita la riduzione della retribuzione e, conseguentemente, il pagamento delle relative differenze.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, ritenendo nulla la conciliazione in quanto avvenuta presso la sede aziendale, seppur alla presenza del rappresentante sindacale.

L’ordinanza

La Cassazione – nel confermare la pronuncia di merito – rileva che la protezione del lavoratore, nell’ambito della rinuncia a diritti indisponibili, è affidata non solo alla assistenza del rappresentante sindacale, ma anche al luogo in cui la conciliazione avviene.

Per la sentenza, detti elementi rappresentano concomitanti accorgimenti necessari al fine di garantire la libera determinazione del lavoratore nella rinuncia a diritti previsti da disposizioni inderogabili e l'assenza di condizionamenti di qualsiasi genere.

Secondo i Giudici di legittimità, dunque, non è sufficiente la presenza del rappresentante sindacare per derogare al luogo di svolgimento della conciliazione, essendo lo stesso individuato in maniera tassativa dal legislatore.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dalla società e conferma la nullità della conciliazione, non rappresentando la sede aziendale un ambiente neutro estraneo al all'influenza datoriale.

A cura di WST