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Cassazione: la posizione del lavoratore disabile nel licenziamento collettivo


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Con l’ordinanza n. 24906 del 21.08.2023, la Cassazione afferma che, nell'ambito della ristrutturazione aziendale in cui vi sia l’effettiva soppressione di un intero reparto cui è addetto anche un dipendente disabile, il datore non è tenuto a procedere ad accomodamenti irragionevoli per assicurare la conservazione del posto al lavoratore invalido.

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli nell’ambito di una procedura collettiva.
A fondamento della predetta domanda, il medesimo deduce, da un lato, di aver subito una discriminazione diretta e indiretta, essendo affetto da invalidità e, dall’altro, la nullità dei criteri di scelta.
La Corte d’appello accoglie il ricorso, ritenendo i criteri adottati e applicati discriminatori nei confronti dei lavoratori con disabilità, fatti confluire in un servizio e poi tutti licenziati.

L’ordinanza

La Cassazione censura la pronuncia di merito nella parte in cui, pur evidenziando che il servizio di pulizia in azienda era stato esternalizzato ad altra società, dichiara l’illegittimità del recesso irrogato al lavoratore tenuto conto della sua parziale inabilità.

Secondo i Giudici di legittimità, infatti, laddove la soppressione del reparto sia effettiva, non si può imporre alla società datrice di procedere con accomodamenti irragionevoli finalizzati solo a mantenere il posto di lavoro del dipendente con limitata capacità.

Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso dell’azienda e cassa con rinvio la sentenza impugnata.

A cura di Fieldfisher