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Cassazione: lo svolgimento delle mansioni inferiori non costituisce acquiescenza al demansionamento


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Con l’ordinanza n. 16594 del 03.08.2020, la Cassazione afferma che la mera tolleranza del dipendente all’attribuzione di compiti meno qualificanti rispetto al proprio livello di inquadramento non costituisce acquiescenza al demansionamento.

Il fatto affrontato

La lavoratrice ricorre giudizialmente al fine di richiedere la condanna della società datrice al risarcimento del danno causato dalla dequalificazione professionale subita, nel periodo 16.07.2007 – 12.03.2010 per illegittimo esercizio dello jus variandi.
A fondamento della predetta domanda, la medesima deduce che - pur essendo inquadrata nel livello C del CCNL di riferimento (che postulava il possesso di conoscenze specifiche qualificate e comportava lo svolgimento di attività di carattere amministrativo, di coordinamento o di incarichi di responsabilità) - nel periodo oggetto di contestazione era stata assegnata a mansioni manuali di mero riordino e sistemazione di materiale.

L’ordinanza

La Cassazione afferma, preliminarmente, che non può trovare accoglimento il motivo di ricorso della società concernente l'intervenuta acquiescenza nei confronti del provvedimento datoriale, a causa del lungo lasso di tempo lasciato trascorrere della lavoratrice prima di impugnare la nuova assegnazione.

Secondo i Giudici di legittimità, infatti, l’acquiescenza tacita nei confronti di un provvedimento è configurabile solo in presenza di un comportamento che appaia inequivocabilmente incompatibile con la volontà del soggetto di impugnare il provvedimento medesimo.

Per la sentenza, non può considerarsi sufficiente, a tal fine, un atteggiamento di mera tolleranza e neppure il compimento di atti resi necessari od opportuni, nell'immediato, dall'esistenza del suddetto provvedimento.
Invero, dette condotte non escludono affatto l'eventuale coesistente intenzione dell'interessato di agire poi per l'eliminazione degli effetti del provvedimento stesso.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dalla società, confermando il diritto della lavoratrice a vedersi riconosciuto il risarcimento per effetto del demansionamento subito.

A cura di Fieldfisher