Stampa

Cassazione: sanzione sia penale che amministrativa per il datore che utilizza in nero lavoratori clandestini


icona

Con l’ordinanza n. 12936 del 25.05.2018, la Cassazione afferma che, allorquando un datore impieghi in nero lavoratori extracomunitari clandestini, scatta nei suoi confronti sia una sanzione penale che una amministrativa, senza che vi sia violazione del ne bis in idem, stante la diversità dei beni giuridici violati dalle condotte contestate.

Il fatto affrontato

Il legale rappresentante di una società propone opposizione giudiziale all’ordinanza-ingiunzione con la quale il Direttore Provinciale del Lavoro gli aveva intimato di pagare la somma di € 79.138,31, per aver impiegato lavoratori clandestini irregolari non risultanti nelle scritture contabili o in altra documentazione.

L’ordinanza 

La Cassazione non ritiene di poter aderire alla censura mossa dal ricorrente alla pronuncia d’appello, secondo cui la notifica del decreto penale di condanna e l’applicazione della sanzione amministrativa (attraverso l’opposta ordinanza-ingiunzione), essendo inerenti alla medesima condotta e tutelando un solo bene giuridico (la repressione del lavoro sommerso ed irregolare), avrebbero finito per violare il principio del divieto di ne bis in idem.

Secondo i Giudici di legittimità, invece, la suddetta violazione non sussiste, dal momento che le finalità sottese all’irrogazione della sanzione penale e di quella amministrativa sono diverse.

A giudizio della Corte, infatti, le condotte contestate sono due e sono lesive di differenti beni giuridici.
Da un lato, il fatto penalmente perseguito è quello dell'avvenuto impiego di lavoratori extracomunitari clandestini e privi del permesso di soggiorno in violazione delle norme sull'immigrazione.
Dall’altro lato, l'illecito amministrativo è rappresentato dall'avvenuto impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture contabili o da altra documentazione obbligatoria per legge.

Acclarato, pertanto, che l'elemento costitutivo del reato è incentrato sulla qualità di lavoratore extracomunitario privo del permesso di soggiorno, propria del soggetto impiegato clandestinamente, mentre nell'illecito amministrativo si prescinde del tutto da tale qualità soggettiva, essendo determinante solo il fatto che non emerga il dato dell'avvenuto impiego dei lavoratori, ne consegue, per la sentenza, l’esclusione di un assorbimento dell'illecito amministrativo in quello penale.

Su tali presupposti, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto dall’imprenditore, confermando la legittimità dell’ordinanza-ingiunzione opposta.

A cura di Fieldfisher