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Cassazione: il datore in giudizio può mutare le ragioni poste alla base del trasferimento del dipendente


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Con l’ordinanza n. 22100 del 04.09.2019, la Cassazione afferma che, ai fini della legittimità di un trasferimento, il datore ha solo l’onere di dimostrare in giudizio le reali cause organizzative e produttive che hanno giustificato il provvedimento e che possono essere anche diverse rispetto a quelle contenute nella comunicazione iniziale consegnata al dipendente.

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli per non essersi presentato in servizio nella nuova sede aziendale in cui era stato trasferito.
La Corte d’Appello respinge la predetta domanda, sul presupposto che lo stesso non poteva legittimamente invocare l'inadempimento datoriale, ai sensi dell'art. 1460 c.c., posto che la società aveva dimostrato la sussistenza delle ragioni che avevano reso necessario trasferirlo ad altro ufficio.
Il dipendente ricorre, dunque, per Cassazione sostenendo l’illegittimità del trasferimento, perché in giudizio l’azienda, a fondamento della propria scelta, aveva indicato ragioni diverse rispetto a quelle contenute nella comunicazione iniziale.

L’ordinanza

La Cassazione, confermando la statuizione della Corte d’Appello, afferma che, in tema di mutamento della sede di lavoro del dipendente, il provvedimento di trasferimento non è soggetto ad alcun onere di forma e non deve necessariamente contenere l'indicazione dei motivi ed, anzi, il datore non ha neanche l'obbligo di rispondere al lavoratore che li richieda.

Per la sentenza, unico onere dell’imprenditore è quello di allegare e provare - laddove sia contestata la legittimità del trasferimento in sede giudiziaria - le fondate ragioni che lo hanno determinato, non potendo limitarsi a negare la sussistenza dei motivi di illegittimità oggetto di allegazione e richiesta probatoria della controparte.

Secondo i Giudici di legittimità, ne consegue che il datore ben può integrare o modificare la motivazione eventualmente enunciata nel relativo provvedimento, dovendo soltanto dimostrare le reali ragioni tecniche, organizzative e produttive poste alla base del trasferimento.

Su tali presupposti, la Suprema Corte, a fronte della corretta condotta datoriale, respinge il ricorso presentato dal lavoratore, confermando la legittimità del licenziamento irrogatogli.

A cura di Fieldfisher