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Tribunale di Roma: alla Corte Costituzionale la questione sull’indennità per i licenziamenti con violazioni formali


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Con l’ordinanza del 03.01.2020, il Tribunale di Roma “dichiara rilevante, e non manifestamente infondata, con riguardo agli artt. 3, 4, comma 1, e 35, comma 1, della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, limitatamente alla parole ‘di importo pari a una mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio’”.

Il fatto affrontato

La lavoratrice, assunta nel luglio 2017, ricorre giudizialmente chiedendo, tra le altre cose, di dichiararsi l’illegittimità del licenziamento per assenza ingiustificata intimatole, nell’agosto 2017, senza previa contestazione disciplinare.

L’ordinanza

Il Tribunale di Roma, nel dichiarare illegittimo il licenziamento disciplinare irrogato alla ricorrente per inosservanza della procedura prescritta dall’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori, solleva una questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 del D.Lgs. 23/2015, applicabile al caso di specie.

A tal fine, il Giudice richiama la sentenza n. 194/2018, mediante cui la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, del D.Lgs. 23/2015, limitatamente alle parole “di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio”.
A fondamento della predetta decisione, la Consulta ha ritenuto non consono un criterio di commisurazione dell’indennità, prevista in caso di licenziamento sprovvisto di giusta causa o giustificato motivo, automaticamente ed unicamente legato all’anzianità di servizio (a tal proposito si veda: Corte Costituzionale: incostituzionale il criterio di determinazione dell’indennità di licenziamento basato solo sull’anzianità di servizio).

Secondo l’ordinanza in commento, le medesime ragioni inducono a far dubitare circa la legittimità dell’art. 4 del D.Lgs. 23/2015 che lega, soltanto all’anzianità di servizio, l’indennità prevista in caso di licenziamenti resi illegittimi dalla violazione di regole di carattere formale e procedurale.
Ciò, in primo luogo, perché anche l’art. 7 della L. 300/1970 è una disposizione imperativa, la cui violazione integra un illecito fonte di danno da risarcire in modo indennitario, ma seguendo criteri di adeguatezza e personalizzazione.
A tal fine è necessario che l’indennità risarcitoria sia ancorata ad una pluralità di fattori di correlazione al danno sofferto.
Il parametro “rigido e fisso” della quantificazione dell’indennità in base all’anzianità di servizio, soprattutto nei casi in cui questa è modesta, non fornisce, infatti, un’adeguata dissuasione del datore dal licenziare in violazione della legge, né garantisce un adeguato ristoro al pregiudizio concretamente arrecato.

Su tali presupposti, il Tribunale di Roma ordina l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.

A cura di Fieldfisher