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Cassazione: illegittimo il licenziamento se l’assenza dal luogo di lavoro è scoperta da un investigatore privato


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Con la sentenza n. 21621 del 04.09.2018, la Cassazione afferma che il controllo effettuato da un’agenzia investigativa non può mai riguardare l’adempimento o l’inadempimento della prestazione lavorativa, ivi incluso il mancato rispetto dell’orario di lavoro.

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli per aver manomesso il sistema di rilevazione delle presenze in servizio, facendo fittiziamente figurare la propria presenza sul posto di lavoro in diverse giornate.
A fondamento della propria domanda, deduce l’illegittimità del recesso per essere venuto il datore a conoscenza di tale circostanza solo grazie all’intervento di un detective privato.

La sentenza

La Cassazione, ribaltando quanto stabilito dalla Corte d’Appello, sottolinea che sono i precetti contenuti negli artt. 2 e 3 della I. 300/1970 a delimitare, a tutela della libertà e dignità del lavoratore, in coerenza con disposizioni e principi costituzionali, la sfera di intervento di persone preposte dal datore a difesa dei propri interessi, consistenti nella tutela del patrimonio aziendale (art. 2) e nella vigilanza sull'attività lavorativa (art. 3).
Le suddette norme non precludono il potere dell'imprenditore né di ricorrere alla collaborazione di soggetti diversi dalle guardie particolari giurate per la tutela del patrimonio aziendale, né di controllare l’adempimento delle prestazioni lavorative e, quindi, di accertare mancanze specifiche dei dipendenti, ai sensi degli artt. 2086 e 2104 c.c., direttamente o mediante la propria organizzazione gerarchica.

Tuttavia, secondo i Giudici di legittimità, detti controlli, operati dalle guardie giurate o da soggetti terzi quali un'agenzia investigativa, non possono riguardare, in nessun caso, né l'adempimento dell'obbligazione contrattuale del lavoratore di prestare la propria opera, né l'inadempimento della stessa essendo anch'esso riconducibile all'attività lavorativa che, come detto, è sottratta alla vigilanza.

Per la sentenza, le agenzie di investigazione, per operare lecitamente, non devono mai sconfinare nella vigilanza dell'attività lavorativa vera e propria, dovendo limitare il loro controllo solo all'avvenuta perpetrazione di illeciti ed all'esigenza di verificarne il contenuto.

Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso proposto dal lavoratore, dichiarando illegittimo il licenziamento allo stesso irrogato.

A cura di Fieldfisher