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Cassazione: grava sul datore di lavoro l’onere di provare il c.d. aliunde perceptum


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Con l’ordinanza n. 25355 del 09.10.2019, la Cassazione afferma che spetta al datore provare, con circostanze di fatto specifiche e puntuali, il c.d. aliunde perceptum da detrarre dal risarcimento dovuto al lavoratore licenziato e reintegrato dal giudice a fronte della illegittimità del recesso.

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento per giusta causa irrogatogli dalla società datrice.
La Corte d’Appello, da un lato, accoglie la predetta domanda reintegrando il dipendente e, dall’altro, rigetta l'eccezione di compensazione dell'aliunde perceptum o percipendium sollevata da parte datoriale, non essendo stati offerti elementi specifici, idonei a dar conto di un minor danno da risarcire.

L’ordinanza

La Cassazione, confermando la statuizione della Corte d’Appello, afferma che il datore di lavoro che invochi l'aliunde perceptum da detrarre dal risarcimento dovuto al lavoratore deve allegare, a tal fine, circostanze di fatto specifiche.

Per la sentenza, ai fini dell'assolvimento del relativo onere della prova, il datore è tenuto a fornire indicazioni puntuali, rivelandosi inammissibili richieste probatorie generiche o con finalità meramente esplorative.

Secondo i Giudici, infatti, la deduzione di quanto percepito in forza di un altro rapporto di lavoro da parte del dipendente licenziato – finalizzata a limitare il danno da risarcire a seguito di declaratoria di illegittimità del recesso – per trovare accoglimento, deve essere sostenuta da puntuali e specifiche circostanze fattuali.

Su tali presupposti, la Suprema Corte respinge il ricorso della società, confermando la bontà dell’impugnata pronuncia di merito.

A cura di Fieldfisher