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Cassazione: deve essere reintegrato il lavoratore licenziato dopo la scadenza del termine previsto dal CCNL


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Con la sentenza n. 21569 del 03.09.2018, la Cassazione afferma che un licenziamento per giusta causa irrogato oltre il termine previsto dal CCNL deve essere considerato illegittimo per insussistenza del fatto contestato, con conseguente diritto del dipendente interessato alla reintegra nel proprio posto di lavoro.

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento per giusta causa irrogatogli dalla società datrice, sul presupposto che lo stesso gli era stato intimato oltre il termine di dieci giorni dalle proprie giustificazioni previsto dal contratto collettivo applicabile al rapporto (CCNL Gas e Acqua).
In parziale accoglimento della suddetta domanda, la Corte d’Appello riconosce al dipendente la sola tutela indennitaria, escludendo che il mancato rispetto del termine previsto dal CCNL potesse comportare l’annullamento del provvedimento con conseguente reintegra.

La sentenza

La Cassazione, ribaltando quanto stabilito dalla Corte d’Appello, afferma che il dato letterale della norma contenuta nell’art. 21, n. 2, comma 3, del CCNL applicabile al rapporto risulta chiaro nel prevedere che, decorso il termine stabilito di dieci giorni, le giustificazioni del lavoratore devono ritenersi accolte dal datore.
Per la sentenza, ne consegue che, in tali circostanze, il licenziamento deve considerarsi non semplicemente inefficace per il mancato rispetto di un termine procedurale (come succede in caso di intempestività della contestazione), ma illegittimo per l'insussistenza del fatto contestato per avere il datore accolto le giustificazioni a discolpa del dipendente e dunque per la totale mancanza di un elemento essenziale della giusta causa.

Secondo i Giudici di legittimità, pertanto, in caso di mancato rispetto del termine per l'adozione del provvedimento deve essere riconosciuta la tutela reale ex art. 18, comma 4, della l. 300/1970, comportante il diritto del prestatore alla reintegra nel proprio posto di lavoro.

Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso proposto dal dipendente, cassando con rinvio la sentenza impugnata.

A cura di Fieldfisher