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Cassazione: anche nel pubblico impiego legittimo il licenziamento per scarso rendimento


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Con la sentenza n. 11635 del 04.05.2021, la Cassazione afferma che nel pubblico impiego contrattualizzato, in ossequio al CCNL di comparto che punisce l’esigua produttività per negligenza, è legittimo il licenziamento irrogato al dipendente che, per scarso rendimento ed assenteismo, risulta incapace di adempiere in modo adeguato gli obblighi di servizio.

Il fatto affrontato

Il lavoratore, operatore tecnico presso la ASL, impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli a causa di comportamenti attestanti il perdurare di una situazione di insufficiente scarso rendimento dovuta a negligenza e ad altri fatti dimostrativi della piena incapacità di adempiere adeguatamente agli obblighi di servizio.
La Corte d’Appello respinge la predetta domanda, sul presupposto che, nella progressiva evoluzione delle condotte del dipendente, si era delineato un inadempimento rilevante sotto il profilo di una inaffidabile resa lavorativa che aveva comportato l'adozione della sanzione del licenziamento, pur a fronte di fatti che singolarmente valutati non erano stati ritenuti idonei a ledere irreparabilmente il vincolo fiduciario.

La sentenza

La Cassazione - confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello - rileva, preliminarmente, che in tema di pubblico impiego contrattualizzato, ai fini della decorrenza del termine perentorio previsto per la conclusione del procedimento disciplinare dall'acquisizione della notizia dell'infrazione, assume rilievo esclusivamente il momento in cui tale acquisizione, da parte dell'ufficio competente, riguardi una "notizia" di contenuto tale da consentire allo stesso di dare, in modo corretto, l'avvio al procedimento disciplinare.

Venendo al merito, per la sentenza, il recesso per scarso rendimento può essere irrogato anche a fronte del ripetersi di singoli fatti che, valutati singolarmente, non sono ritenuti in grado di ledere in modo irreparabile il rapporto di fiducia.

Ciò che conta, secondo i Giudici di legittimità, infatti, è che la condotta complessivamente considerata denoti il protrarsi di una prestazione insufficientemente produttiva.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso del lavoratore, confermando la legittimità del recesso irrogatogli a fronte di una condotta inaffidabile tra assenteismo e ripetuta violazione degli orari di lavoro.

A cura di Fieldfisher