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Cassazione: quando è legittima la ripetizione del patto di prova


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Con la sentenza n. 22809 del 12.09.2019, la Cassazione afferma che vi può essere ripetizione del patto di prova, soltanto laddove il datore debba verificare, oltre alle qualità professionali, anche altri elementi passibili di mutamenti nel corso del tempo, quali il comportamento e la personalità del lavoratore in relazione all'adempimento della prestazione.

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli per mancato superamento del periodo di prova apposto nel contratto di lavoro a tempo indeterminato dal medesimo sottoscritto con la società nel dicembre 2013.
A fondamento della predetta domanda, il dipendente sostiene l’illegittimità di detto patto di prova, avendo egli lavorato per la stessa azienda, con medesime mansioni e livello di inquadramento, in esecuzione di quattro contratti a tempo determinato nel periodo ricompreso tra il luglio 2011 ed il settembre 2013, per un periodo complessivo di quasi un anno e mezzo.

La sentenza

La Cassazione, ribaltando quanto stabilito dalla Corte d’Appello, afferma che la ripetizione del patto di prova in successivi contratti di lavoro col medesimo datore e per le stesse mansioni è legittima ove sia dimostrata l'esigenza datoriale di verifica ulteriore del comportamento del lavoratore.
Tale verifica deve, però, essere rilevante ai fini dell'adempimento della prestazione, in relazione a mutamenti che possano essere intervenuti per molteplici fattori, attinenti alle abitudini di vita o a problemi di salute.

Secondo i Giudici di legittimità, il patto di prova, nel lavoro subordinato, tutela l'interesse di entrambe le parti del rapporto a sperimentarne la convenienza.
Deve, dunque, ritenersi illegittimo il patto ove la suddetta verifica sia già intervenuta, con esito positivo, per le specifiche mansioni in virtù di prestazione resa dallo stesso lavoratore, per un congruo lasso di tempo, a favore del medesimo datore.

Per la sentenza, ne consegue che la ripetizione del patto di prova in due successivi contratti di lavoro tra le stesse parti è ammissibile solo se essa, in base all'apprezzamento del giudice di merito, risponda alla suddetta causa, permettendo all'imprenditore di verificare non solo le qualità professionali, ma anche il comportamento e la personalità del lavoratore in relazione all'adempimento della prestazione, elementi - come detto - suscettibili di modificarsi nel tempo per l'intervento di molteplici fattori attinenti alle abitudini di vita o a problemi di salute.

Applicando tali principi al caso di specie, la Suprema Corte accoglie il ricorso avanzato dal lavoratore e dichiara illegittima la ripetizione del patto di prova.

A cura di Fieldfisher