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Cassazione: conferimento di incarichi, quali sono le conseguenze della mancata indicazione dei criteri di scelta?


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Con l’ordinanza n. 22150 del 13.07.2022, la Cassazione afferma che laddove l'amministrazione, nell’ambito del conferimento degli incarichi, non abbia fornito nessun elemento circa i criteri e le motivazioni seguiti nella scelta dei dirigenti ritenuti maggiormente idonei, è configurabile inadempimento contrattuale, suscettibile di produrre danno risarcibile.

Il fatto affrontato

La lavoratrice ricorre giudizialmente contro il Comune datore, lamentando che - in relazione all’incarico di reggenza dell’ufficio demografico - la sua posizione non era stata esaminata in termini comparativi con quella della collega che aveva poi ricevuto l’affidamento.
La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, sul presupposto che - trattandosi di incarico di reggenza caratterizzato da straordinarietà e temporaneità - il relativo procedimento non era sottoposto alla regolamentazione dettata per l’ordinario conferimento degli incarichi dirigenziali.

L’ordinanza

La Cassazione rileva, preliminarmente, che gli atti di conferimento di incarichi dirigenziali nel pubblico impiego rivestono la natura di determinazioni negoziali assunte dall'amministrazione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro.

Per la sentenza, ne deriva che l'Amministrazione - anche per il tramite delle clausole generali di correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.), applicabili alla stregua dei principi di imparzialità e di buon andamento di cui all'art. 97 Cost. - è obbligata ad operare valutazioni comparative e ad esternare le ragioni giustificatrici delle scelte.

Secondo i Giudici di legittimità, il richiesto requisito motivazionale, dovendosi riferire ad una valutazione comparativa, per essere soddisfatto necessita l'esplicitazione non solo delle qualità che caratterizzano la posizione del prescelto, ma anche di quelle degli altri candidati e delle ragioni per le quali, rispetto alle qualità valorizzate, essi siano stati scartati.

Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso proposto dalla lavoratrice, censurando la condotta dell'Amministrazione – che pur in assenza di una procedura concorsuale – si era vincolata, all’interno del bando, a una valutazione comparativa di tutti gli aspiranti.

A cura di Fieldfisher