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Cassazione: abuso dei contratti a termine nella PA e diritto del lavoratore al risarcimento del danno


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Con la sentenza n. 9114 del 02.04.2019, la Cassazione afferma il seguente principio di diritto: “in materia di pubblico impiego privatizzato, il danno risarcibile di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, comma 5, non deriva dalla mancata conversione del rapporto, legittimamente esclusa sia secondo i parametri costituzionali che per quelli Europei, bensì dalla prestazione in violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori da parte della P.A., ed è configurabile come perdita di chance di un'occupazione alternativa migliore, con onere della prova a carico del lavoratore, ai sensi dell'articolo 1223 c.c.”.

Il fatto affrontato

La lavoratrice, dipendente di una Regione in forza di una pluralità di contratti a tempo determinato succedutisi nel tempo a decorrere dall'anno 2003 fino all'anno 2009, ricorre giudizialmente al fine di far dichiarare, previo accertamento della illegittimità dell'apposizione del termine, la trasformazione dei contratti in un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato a far data della prima stipulazione e di ottenere la corresponsione del risarcimento dei danni causati dall'abusivo ricorso ai contratti a tempo determinato.
A fronte della pronuncia della Corte d’Appello che - pur sostenendo la reiterazione abusiva della stipulazione dei contratti a termine - le aveva negato il diritto alla conversione del rapporto di lavoro, la prestatrice propone ricorso per cassazione, sostenendo che l’interpretazione data dalla Corte territoriale non poteva considerarsi conforme ai principi enunciati dall’Unione Europea.

La sentenza

La Cassazione afferma, preliminarmente, che la scelta del legislatore di ricollegare, alla violazione delle norme imperative, conseguenze solo risarcitorie e patrimoniali in luogo della conversione del rapporto a tempo indeterminato prevista per i lavoratori privati, è giustificata dal principio sancito dall'art. 97 Cost., per cui il concorso pubblico costituisce la modalità generale ed ordinaria di accesso nei ruoli di tutte le pubbliche amministrazioni, ivi incluse le Regioni pure se a statuto speciale.

Ulteriormente, i Giudici di legittimità ricordano che - come ribadito anche dalla CGUE nella sentenza emessa, il 07.03.2018, nella causa C-494/16 - l'Accordo quadro europeo sul lavoro a tempo determinato del 18 marzo 1999 non istituisce un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione in contratti a tempo indeterminato in caso di utilizzo abusivo dello strumento da parte dei datori di lavoro, lasciando un certo potere discrezionale in materia al legislatore interno.
Ne consegue che - anche alla luce del predetto principio eurounitario - deve considerarsi pienamente lecito l'ordinamento giuridico nazionale che preveda, nel settore pubblico, quale misura effettiva destinata ad evitare e sanzionare l'utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato, il riconoscimento di una tutela meramente risarcitoria.

Su tali presupposti, la Suprema Corte conferma la bontà dell’impugnata pronuncia di merito.

A cura di Fieldfisher