Con la sentenza n. 11106 del 27.04.2021, la Cassazione afferma che è valida, in quanto avente ad oggetto un diritto disponibile, la transazione nella quale il lavoratore rinuncia al diritto di impugnare la risoluzione del rapporto.
Il fatto affrontato
Il lavoratore ricorre giudizialmente al fine di chiedere l'accertamento della nullità dell'accordo transattivo sottoscritto con la società, con cui aveva rinunciato ai diritti nascenti dal pregresso rapporto di lavoro svoltosi in regime di somministrazione, nella prospettiva - mai realizzatasi - di una riassunzione a tempo indeterminato.
La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, ritenendo valida la transazione contenente la proposta di stipulazione di un contratto a termine, a fronte della disponibilità del diritto all'assunzione.
La sentenza
La Cassazione - confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello - rileva, preliminarmente, che il regime di eventuale annullabilità degli atti contenenti rinunce del lavoratore, previsto dall'art. 2113 c.c., riguarda le ipotesi di rinuncia ad un diritto già acquisito.
Secondo i Giudici di legittimità, non può certo farsi rientrare in detta categoria la pretesa del dipendente di ottenere una nuova assunzione, aspettativa questa che - essendo strettamente connessa con l'interesse del lavoratore alla prosecuzione del rapporto di lavoro - non può che essere ricondotta nell'area della libera disponibilità.
Per la sentenza, infatti, il lavoratore può liberamente disporre del diritto di impugnare la risoluzione del rapporto di lavoro facendone oggetto di rinunce o transazioni, che sono sottratte alla disciplina dell'art. 2113 c.c., il quale considera invalidi e perciò impugnabili i soli atti abdicativi di diritti del prestatore derivanti da disposizioni inderogabili della legge o dei contratti collettivi.
Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso del dipendente, ritenendo legittima e non impugnabile la transazione sottoscritta con la società.
A cura di Fieldfisher