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Cassazione: il c.d. “tempo tuta” va retribuito quando tempo e luogo della vestizione sono decisi dal datore


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Con la sentenza n. 7738 del 28.03.2018, la Cassazione, in tema di c.d. “tempo tuta”, afferma che, laddove sia data facoltà al prestatore di scegliere il tempo ed il luogo ove indossare la divisa, la relativa attività fa parte degli atti di diligenza preparatoria allo svolgimento dell'attività lavorativa, e come tale non deve essere retribuita, mentre se l’operazione è diretta dal datore, che ne disciplina il tempo ed il luogo di esecuzione, rientra nell’orario di lavoro effettivo, con conseguente diritto alla relativa retribuzione.

Il fatto affrontato

La Corte di appello accoglie il ricorso proposto dalle dipendenti addette al servizio mensa, statuendo che il tempo utilizzato per indossare e dismettere la divisa, essendo la vestizione eseguita secondo pregnanti disposizioni del datore circa le modalità dell'esecuzione, rientra nel normale orario di lavoro e va, pertanto, remunerato con le maggiorazioni di legge.

La sentenza

La Cassazione afferma che nel rapporto di lavoro subordinato, anche alla luce della giurisprudenza comunitaria in materia, il tempo necessario ad indossare la divisa aziendale rientra nell'orario di lavoro quando è assoggettato al potere di conformazione del datore di lavoro.

In particolare, l'eterodirezione può derivare dall'esplicita disciplina d'impresa o risultare implicitamente dalla natura degli indumenti o dalla specifica funzione che devono assolvere nello svolgimento della prestazione, quando gli stessi siano diversi da quelli utilizzati o utilizzabili secondo un criterio di normalità sociale dell'abbigliamento.

Possono, quindi, determinare un obbligo di indossare la divisa sul luogo di lavoro ragioni d'igiene imposte dalla prestazione da svolgere, ma anche, come detto, la qualità degli indumenti, quando non si possa ragionevolmente ipotizzare che gli stessi siano indossati ugualmente al di fuori del luogo di lavoro.

Pertanto, conclude la sentenza, al fine di valutare se il tempo occorrente per indossare la divisa aziendale debba essere retribuito o meno, occorre far riferimento alla disciplina contrattuale specifica. Nello specifico, laddove sia data facoltà al lavoratore di scegliere il tempo e il luogo ove indossare la divisa stessa, la relativa attività fa parte degli atti di diligenza preparatoria allo svolgimento dell'attività lavorativa e, come tale, non deve essere retribuita, mentre se l’operazione è diretta dal datore, che ne disciplina le tempistiche ed il luogo di esecuzione, rientra nell’orario di lavoro effettivo e di conseguenza il tempo ad essa necessario deve essere retribuito.

Su tali presupposti, la Suprema Corte, visto che, nel caso di specie, l'attività di vestizione, non solo risultava assoggettata, in ordine al luogo ed alle modalità, alle prescrizioni datoriali, ma era anche strettamente funzionale all'espletamento della prestazione lavorativa in conformità delle previsioni di legge in tema di igiene pubblica, ha rigettato il ricorso proposto dalla società.

A cura di Fieldfisher