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Cassazione: l’indennità sostitutiva del preavviso spetta in caso di licenziamento intimato dal curatore fallimentare


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Con l’ordinanza n. 3351 del 03.02.2023, la Cassazione afferma che la dichiarazione di fallimento della società datrice non rappresenta una giusta causa di licenziamento e, quindi, i rapporti di lavoro ancora in corso devono essere risolti sulla scorta di un giustificato motivo oggettivo.

Il fatto affrontato

Il lavoratore propone domanda di insinuazione allo stato passivo del fallimento della azienda datrice per vari crediti, incluso quello per l’indennità sostitutiva di mancato preavviso.
Il Tribunale rigetta la predetta domanda, deducendo che la causa dello scioglimento del rapporto, ossia la dichiarazione di fallimento della società, non era produttiva di alcun diritto risarcitorio.

L’ordinanza

La Cassazione – nel ribaltare la pronuncia di merito – rileva, preliminarmente, che il rapporto di lavoro ancora in corso, alla data di dichiarazione di fallimento, entra in una fase di sospensione.

Secondo i Giudici di legittimità, infatti, la dichiarazione di fallimento non integra una giusta causa di licenziamento e, qualora il curatore opti per lo scioglimento del rapporto, lo stesso cessa per un giustificato motivo oggettivo rappresentato, come nel caso in esame, dalla cessazione dell’attività di impresa.

Per la sentenza, ne consegue che alla fattispecie si applicano le norme generali in materia di licenziamenti individuali, spettando dunque al lavoratore, in assenza di un periodo di preavviso, la relativa indennità sostitutiva.

Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso proposto dal lavoratore.

A cura di Fieldfisher