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Cassazione: legittimo il licenziamento della lavoratrice madre che rifiuta il trasferimento senza impugnare il relativo provvedimento


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Con l’ordinanza n. 16697 del 25.06.2018, la Cassazione afferma la legittimità del recesso irrogato alla lavoratrice madre che, al momento del rientro in servizio dopo il periodo di astensione facoltativa per maternità, rifiuta di adempiere all’ordine di trasferimento disposto, per ragioni organizzative, da parte datoriale, senza però impugnare detto provvedimento.

Il fatto affrontato

La lavoratrice, dipendente di un Patronato adibita alla sede di Caserta, riceve, durante il periodo di astensione facoltativa per maternità, un provvedimento di trasferimento alla sede di Avellino con efficacia immediata.
La medesima contesta la legittimità del provvedimento, sostenendo il difetto delle ragioni tecniche ed organizzative, nonché l'incompatibilità del mutamento logistico con le sue condizioni di famiglia ed al rientro in servizio si reca presso la sede di Caserta, ove, tuttavia, la sua prestazione lavorativa viene rifiutata, stante l’adibizione alla nuova sede di Avellino.
A seguito di ciò parte datoriale, dapprima, invia alla dipendente una contestazione disciplinare per assenza ingiustificata per poi licenziare la stessa.

L’ordinanza

La Cassazione, confermando la statuizione della Corte d’Appello, afferma che, in tema di provvedimento di trasferimento adottato in violazione dell'art. 2103 c.c., l'inadempimento datoriale non legittima in via automatica il rifiuto del lavoratore ad eseguire la prestazione lavorativa.
Vertendosi, infatti, in ipotesi di contratto a prestazioni corrispettive, trova applicazione il disposto dell'art. 1460, 2° comma, c.c., secondo cui la parte adempiente può rifiutarsi di eseguire la prestazione a proprio carico solo ove tale rifiuto, avuto riguardo alle circostanze, non risulti contrario a buona fede.

A giudizio della Corte, quindi, nei contratti con prestazioni corrispettive, in caso di denuncia di inadempienze reciproche, è necessario dar luogo ad un giudizio di comparazione in ordine al comportamento di ambedue le parti per stabilire quale di esse, con riferimento ai rispettivi interessi ed alla oggettiva entità degli inadempimenti, si sia resa responsabile delle trasgressioni maggiormente rilevanti e causa del comportamento della controparte, nonché della conseguente alterazione del sinallagma.

Alla luce di quanto sopra, secondo i Giudici di legittimità, l’inadempimento di parte datoriale non legittima in via automatica il rifiuto del prestatore ad eseguire la prestazione lavorativa, potendo egli, per tutelare la propria posizione, ricorrere alla misura dell’impugnazione giudiziale del trasferimento.

Su tali presupposti, la Suprema Corte ha respinto il ricorso proposto dalla lavoratrice, legittimando il licenziamento irrogatole.

A cura di Fieldfisher