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Cassazione: le conseguenze retributive del trasferimento d’azienda dichiarato illegittimo


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Con la sentenza n. 26262 del 28.09.2021, la Cassazione afferma che, in caso di trasferimento d’azienda dichiarato illegittimo, il rapporto di lavoro dei dipendenti coinvolti resta nella titolarità dell'originario cedente, che è tenuto, quindi, a corrispondere tutte le retribuzioni, come se l’atto traslativo fosse mai intervenuto.

Il fatto affrontato

I lavoratori ricorrono giudizialmente al fine di ottenere, dalla società cedente loro originaria datrice, il pagamento delle retribuzioni maturate in conseguenza della sentenza di accertamento della illegittimità del trasferimento del ramo d'azienda cui erano adibiti.
La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, sul presupposto che l'intervenuta conciliazione con l’azienda cessionaria - comportante la risoluzione del rapporto lavorativo originato dal trasferimento e la rinuncia ad ogni pretesa economica afferente allo stesso - aveva determinato la sopravvenuta carenza dell'interesse ad agire dei ricorrenti.

La sentenza

La Cassazione - ribaltando quanto stabilito dalla Corte d’Appello - rileva, preliminarmente, che soltanto un legittimo trasferimento d'azienda comporta la continuità di un rapporto di lavoro che resta unico ed immutato, nei suoi elementi oggettivi, esclusivamente nella misura in cui ricorrono i presupposti di cui all'art. 2112 c.c.

Secondo i Giudici di legittimità, qualora il trasferimento sia dichiarato invalido, il rapporto di lavoro con il destinatario della cessione è instaurato in via di mero fatto, tanto che le vicende risolutive dello stesso non sono idonee ad incidere sul rapporto giuridico ancora in essere, rimasto in vita con il cedente.

Per la sentenza, infatti, in tali ipotesi i rapporti di lavoro sono due: uno di fatto, nei confronti del soggetto, già cessionario, effettivo utilizzatore della prestazione lavorativa e l’altro, de iure, ripristinato nei confronti dell'originario datore di lavoro, tenuto - quindi - alla corresponsione delle retribuzioni maturate dalla costituzione in mora del dipendente.

Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso dei lavoratori, dichiarando il loro diritto a ricevere le retribuzioni richieste.

A cura di Fieldfisher