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Tribunale di Venezia: ai dipendenti in smart-working non spettano i buoni pasto


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Con il decreto n. 3463 del 08.07.2020, il Tribunale di Venezia afferma che i buoni pasto non sono dovuti ai dipendenti che svolgano la prestazione in lavoro agile, dal momento che gli stessi non rientrano nella nozione di trattamento economico e normativo che, ai sensi dell’art. 20 della L. 81/2017, deve essere riconosciuto in regime di smart-working.

Il fatto affrontato

L’organizzazione sindacale propone ricorso ex art. 28, L. 300/1970, lamentando l’esclusione dal godimento dei buoni pasto dei dipendenti posti, dall’Ente datore, in regime di smart-working, durante la fase emergenziale dell’epidemia da COVID-19, senza alcuna contrattazione con le OO.SS.

Il decreto

Il Tribunale di Venezia rileva, preliminarmente, che il buono pasto non è un elemento della retribuzione e neppure un trattamento necessariamente conseguente alla prestazione di lavoro in quanto tale, trattandosi piuttosto di un beneficio conseguente alle modalità concrete di organizzazione del lavoro.

Per il decreto, infatti, ai fini della maturazione del buono pasto, è necessario che l’orario sia organizzato con specifiche scadenze e che il dipendente consumi il pasto al di fuori dell’orario di servizio.
Ne consegue che, quando la prestazione è resa in regime di smart-working, detti presupposti non sussistono, dal momento che il lavoratore è libero di organizzare la propria attività come meglio ritiene sotto il profilo della collocazione temporale.

Secondo il Giudice, dunque, a fronte della non debenza dei buoni di pasto, la mancata corresponsione degli stessi non deve essere oggetto di contrattazione e confronto con le OO.SS.

Su tali presupposti, il Tribunale di Venezia respinge il ricorso dell’organizzazione sindacale, affermando la correttezza della condotta datoriale.

A cura di Fieldfisher