Stampa

Corte di Giustizia Europea: illegittima una durata massima dei contratti a termine diversa in caso di part-time o di tempo pieno


icona

Con la sentenza emessa, il 03.10.2019, nella causa C-274/18, la Corte di Giustizia UE afferma che è contraria alla normativa europea, una legge nazionale che fissa - per i lavoratori a tempo determinato - una durata massima dei relativi rapporti superiore per i prestatori part-time rispetto ai dipendenti a tempo pieno comparabili.

Il fatto affrontato

Una ricercatrice universitaria, impiegata presso un Ateneo in forza di una serie di contratti a temine successivi, ricorre giudizialmente al fine di ottenere la conversione a tempo indeterminato del proprio rapporto di lavoro.
Il Tribunale del Lavoro e della Previdenza Sociale di Vienna – investito della questione – chiede alla CGUE, mediante un rinvio pregiudiziale, la compatibilità con la normativa europea della legge austriaca che prevede una durata complessiva dei contratti di lavoro a termine diversa a seconda che il rapporto si sia svolto a tempo pieno (durata massima 6 anni) o parziale (durata massima 8 anni).

La sentenza

La Corte di Giustizia rileva, preliminarmente, che - in ordine alle condizioni di impiego - i lavoratori part-time non devono essere trattati in modo meno favorevole rispetto ai prestatori full-time comparabili per il solo motivo che svolgono la loro attività a tempo parziale, a meno che un trattamento differente sia giustificato da ragioni obiettive.

Per la sentenza, la circostanza che, nell’ambito dei contratti di lavoro a termine, i prestatori part-time possano lavorare durante un periodo più lungo dei dipendenti a tempo pieno costituisce, da un lato, un vantaggio per i primi, alla luce della difficoltà, di accedere a un contratto a tempo indeterminato in specifici ambiti (quali quello delle università).

Tuttavia, secondo i Giudici la predetta circostanza, dall’altro lato, riduce o rimanda nel tempo - in misura maggiore per i lavoratori part-time rispetto a quelli full-time - la possibilità di accedere ad un contratto a tempo indeterminato.

Alla luce di quanto sopra, la CGUE conclude affermando che deve essere considerata contraria alla disciplina legislativa europea la normativa nazionale che fissa, per i lavoratori a termine, una durata massima dei relativi rapporti superiore per i lavoratori part-time rispetto a quelli a tempo pieno comparabili, a meno che una tale differenza di trattamento sia giustificata da ragioni oggettive e sia proporzionata rispetto a dette ragioni.

A cura di Fieldfisher