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Cassazione: Giusta causa per l’acquisizione indebita di dati aziendali su di una pen drive personale


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La Cassazione, Sezione lavoro, con la sentenza n. 25147 del 24 ottobre 2017, ha confermato la sentenza della Corte di appello che, riformando la decisione di primo grado, aveva riscontrato gli estremi della giusta causa di licenziamento nel comportamento del lavoratore che aveva acquisito per sé una serie di dati aziendali a prescindere dallo svolgimento dell’attività lavorativa.

Il fatto affrontato

Il lavoratore trasferisce su di una pen drive di sua proprietà, smarrita e poi trovata in azienda, una ingente mole di dati aziendale, senza peraltro trasferirli a terzi.

La sentenza

Nel confermare la decisione della Corte di appello di conferma della legittimità del licenziamento in tronco in considerazione del predetto comportamento, la sentenza adotta le seguenti motivazioni:

1)ai fini del perfezionamento dell’infrazione, non è essenziale la divulgazione a terzi, essendo sufficiente la mera sottrazione dei dati;

2)agli stessi fini, è irrilevante la circostanza che i dati siano protetti, o meno, da specifiche password di protezione;

3)la descritta condotta viola il dovere di fedeltà sancito dall’art. 2105 c.c., che si sostanzia nell’obbligo del lavoratore di astenersi da condotte contrarie agli interessi del datore di lavoro, tali dovendosi considerare anche quelle che, sebbene non attualmente produttive di danno, siano dotate di potenzialità lesiva (Cass, n.2239/2017).

A cura di Fieldfisher