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Cassazione: nel licenziamento collettivo il requisito dimensionale riguarda tutta l’azienda


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Con l’ordinanza n. 1965 del 23.01.2023, la Cassazione afferma che, ai fini dell'applicazione della procedura di licenziamento collettivo di cui alla L. 223/1991, il requisito dimensionale di almeno quindici dipendenti deve essere riferito all’azienda nel suo complesso e non alla singola unità produttiva.

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli, deducendo l’illeggittimità dello stesso perché intimato senza l'osservanza della procedura prevista per i licenziamenti collettivi, pur ricorrendo i requisiti dimensionali e temporali ex lege 223/1991.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, condannando la società a reintegrare il dipendente.

L’ordinanza

La Cassazione – nel confermare la pronuncia di merito – rileva che il requisito dimensionale nella procedura di licenziamento collettivo deve essere valutato con riferimento all'azienda nella sua globalità e non alle singole articolazioni territoriali.

Secondo i Giudici di legittimità, detto assunto trova fondamento nella lettera dell’art. 24 della L. 223/1991 che, deducendo che le disposizioni contenute nella stessa legge si applicano alle imprese che occupano più di quindici dipendenti, fa riferimento ad una valutazione da operare a livello globale e non tenendo in considerazione singolarmente le varie e distinte unità produttive.

Invero, per la sentenza, stante la diversità degli interessi tutelati, la L. 223/1991 non può in alcun modo essere sovrapposta – come vorrebbe fare la società ricorrente – all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori che, ai fini dell’applicazione della tutela reale, richiede la valutazione del requisito dimensionale nell’unità produttiva di adibizione del dipendente licenziato.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso della società, confermando l’illegittimità del recesso e, il conseguente, diritto del dipendente alla reintegra.

A cura di Fieldfisher