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Cassazione: licenziamenti collettivi e discriminazione delle lavoratrici donne


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Con l’ordinanza n. 14254 del 24.05.2019, la Cassazione afferma che nei recessi collettivi - al fine di evitare una discriminazione indiretta - non è possibile licenziare una percentuale di donne superiore a quella della manodopera femminile impiegata nell’ambito sottoposto alla procedura.

Il fatto affrontato

La lavoratrice impugna giudizialmente il licenziamento irrogatole nell’ambito di una procedura collettiva.
A fondamento della predetta domanda, la medesima deduce il carattere discriminatorio della condotta tenuta dalla società, per aver violato i criteri di scelta in ordine al rispetto della percentuale di manodopera femminile licenziabile.

L’ordinanza

La Cassazione, confermando la statuizione della Corte d’Appello, afferma, preliminarmente, che l'art. 5, comma 5, della l. 223/1991 - al fine di vietare la discriminazione c.d. indiretta - prevede, nelle procedure collettive, l’obbligo di mantenimento dell'equilibrio proporzionale esistente tra lavoratori e lavoratrici.

Secondo i Giudici di legittimità, ciò significa che nell'ambito delle mansioni oggetto di riduzione, cioè nell'ambito aziendale interessato dalla procedura, i dipendenti da licenziare devono essere scelti in maniera da assicurare la permanenza, in proporzione, della quota di occupazione femminile sul totale degli impiegati.
A tal fine, la sentenza precisa che non è necessaria una comparazione fra il numero di lavoratori dei due sessi prima e dopo il licenziamento, essendo invece sufficiente la verifica della percentuale di donne lavoratrici.

Il predetto principio risulta disatteso nel caso di specie, posto che, a fronte di 6 uomini e 3 donne impiegati nel reparto amministrazione, con una percentuale di manodopera femminile pari al 33,33 %, la società ha proceduto al licenziamento di 2 donne ed 1 uomo, concretizzando quindi una percentuale di donne licenziate pari al 66,66 %.
Su tali presupposti, la Suprema Corte respinge il ricorso dell’azienda, avendo la stessa configurato un comportamento discriminatorio per aver rotto l'equilibrio proporzionale esistente tra lavoratori e lavoratrici. 

A cura di Fieldfisher