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Cassazione: in caso di accordo collettivo l’impresa può non pagare l’indennità di mancato preavviso


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Con la sentenza n. 19660 del 22.07.2019, la Cassazione afferma che è legittimo non riconoscere ai lavoratori licenziati il pagamento dell’indennità economica sostitutiva del mancato periodo di preavviso, laddove tale esclusione venga determinata sulla base di un precedente accordo collettivo di prossimità al preciso scopo di ridurre l’impatto di una crisi aziendale.

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli, nell’ambito di una procedura collettiva, dalla banca datrice, chiedendo – tra le altre cose – la condanna della società al pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso.
La Corte d’Appello respinge la predetta domanda, sul presupposto che l’indennità non era stata corrisposta al ricorrente, stante la previsione contenuta in un accordo aziendale raggiunto dell’articolo 8, comma 2 bis, della legge 138/2011.

La sentenza

La Cassazione, confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello, afferma che - in presenza di una comprovata situazione di crisi aziendale tale da incidere sui livelli occupazionali - l’azienda datrice e le OO.SS. ben possono siglare un accordo di prossimità che preveda delle deroghe alle previsioni del contratto collettivo, a condizione che le stesse non contrastino con i principi della Costituzione, con la normativa comunitaria e con le convenzioni internazionali.
Tali deroghe possono, dunque, interessare anche l’indennità sostitutiva dovuta ai lavoratori in caso di licenziamento senza preavviso.

Secondo i giudici di legittimità, infatti, se da un lato danno è vero che la Carta Sociale Europea riconosce a tutti i lavoratori, a fronte di una cessazione del rapporto ad iniziativa datoriale, il diritto ad un ragionevole periodo di preavviso, dall’altro lato è altrettanto vero che la stessa non prevede il riconoscimento di un diritto inderogabile dei dipendenti all’indennità sostitutiva del preavviso fissata dai contratti collettivi.

In altre parole, per la sentenza, trattandosi di un’obbligazione pecuniaria, la stessa può essere derogata in sede collettiva, nel contesto di un bilanciamento di opposti interessi e con la finalità di ridurre al minimo l'impatto della situazione di esubero.

Su tali presupposti, la Suprema Corte respinge il ricorso presentato dal lavoratore, stante la validità dell’intervenuto accordo aziendale sul punto.

A cura di Fieldfisher