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Premi produttività : detassazione dal 10 al 5 per cento per il solo 2023


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Tra le disposizioni contenute nella legge di bilancio 2023 ( L. 197/2022 ) finalizzate a garantire maggiore potere d’acquisto ai lavoratori, si segnala la parziale detassazione dei premi di risultato e delle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa (articolo 1, comma 63). La misura riguarda i dipendenti del settore privato che nello scorso anno, con contratto di lavoro subordinato sia a tempo indeterminato sia a tempo determinato, hanno percepito un reddito di lavoro dipendente di importo non superiore a 80mila euro. 

Agevolazione stabilizzata nel 2016 

La messa a regime della detassazione dei premi di produttività risale alla legge di stabilità 2016 (articolo 1, comma 182 e seguenti, legge 208/2015); in quella sede, è stata prevista l’applicazione di un trattamento tributario di favore – sempreché l’interessato non vi rinunci espressamente, per iscritto – per gli emolumenti dei lavoratori dipendenti privati di ammontare variabile, la cui corresponsione è legata a incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione, nonché per le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa, cioè degli utili distribuiti ai sensi dell’articolo 2102 del codice civile (non si tratta dell’attribuzione di quote di partecipazione al capitale sociale, ma della modalità di erogazione della retribuzione prevista dal codice civile nell’ambito della disciplina del rapporto di lavoro nell’impresa, secondo cui il prestatore di lavoro può essere retribuito in tutto o in parte anche con partecipazione agli utili; in questo caso, diversamente dai premi di produttività, l’agevolazione non è legata a incrementi di alcun genere). La norma di “stabilizzazione” è stata delineata sulla falsariga di analoghe misure temporanee vigenti negli anni precedenti, ma con alcuni rilevanti novità, tra cui proprio l’estensione del beneficio alla partecipazione agli utili dell’impresa da parte dei dipendenti e la possibilità, su richiesta degli stessi, di ricevere i premi sotto forma di benefit sgravati da qualsiasi prelievo fiscale (“welfare aziendale”). 

Premi con tassazione ridotta 

A meno che non si scelga quest’ultima soluzione, l’agevolazione consiste nell’applicare, in luogo della tassazione ordinaria, un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle relative addizionali regionale e comunale, con aliquota del 10%, e concerne le somme e i valori corrisposti in esecuzione di contratti collettivi territoriali o aziendali stipulati dalle associazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale o di contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze aziendali di tali associazioni ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria (articolo 51, Dlgs 81/2015), depositati in via telematica presso la sede dell’Ispettorato del lavoro competente entro 30 giorni dalla sottoscrizione. Le regole attuative sono arrivate con il decreto 25 marzo 2016, emanato dal ministro del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il ministro dell’Economia e delle finanze; il provvedimento ha determinato, tra l’altro, i criteri di misurazione degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione nonché le modalità del monitoraggio dei suddetti contratti aziendali o territoriali .  

Chiarimenti e precisazioni sono poi arrivati dall’Agenzia delle entrate con la circolare 28/2016 , che, per illustrare le novità introdotte dalla Stabilità 2016 sulla tassazione dei redditi di lavoro dipendente, ha richiamato anche i precedenti di prassi ancora attuali, considerate le analogie con le preesistenti misure sui premi di risultato prorogate fino al 2014. 

I parametri del primo anno

La disposizione agevolativa, nella versione originaria del 2016, poteva essere applicata fino all’importo massimo di 2mila euro lordi, elevato a 2.500 euro per le imprese che coinvolgevano pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro, e riguardava i titolari di reddito di lavoro dipendente di importo non superiore, nell’anno precedente quello di percezione delle somme agevolabili, a 50mila euro. Per la verifica del rispetto del limite, bisognava (e bisogna) tener conto di tutti i redditi di lavoro dipendente conseguiti, anche se derivanti da più rapporti di lavoro, comprese le pensioni di ogni genere, nonché degli stessi emolumenti premiali, a meno che non siano stati sostituiti, a richiesta del dipendente, con prestazioni di welfare aziendale, escluse dalla formazione del reddito imponibile; non vanno invece presi in considerazione eventuali redditi assoggettati a tassazione separata. Se il datore di lavoro tenuto ad applicare l’imposta sostitutiva non è lo stesso che ha rilasciato la Certificazione unica per l’anno precedente, dev’essere il lavoratore ad attestare per iscritto l’ammontare del reddito di lavoro dipendente conseguito in quell’anno. 

Ancora più appeal dal 2017 

Questi parametri, allo scopo di potenziare l’accesso al regime sostitutivo per i premi di risultato, sono stati ritoccati verso l’alto, con decorrenza 1° gennaio 2017, dalla legge di bilancio successiva (articolo 1, comma 160, legge 232/2016) e sono ancora quelli in vigore oggi: l’imposta sostitutiva è applicabile fino a un totale di 3mila euro, elevato a 4mila per le imprese che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro, mentre, per quanto riguarda l’ambito soggettivo dei dipendenti del settore privato ammessi al regime, la platea ricomprende i titolari di reddito di lavoro subordinato, nell’anno precedente, di importo fino a 80mila euro. Le modifiche sono state dettagliatamente spiegate con la circolare 5/2018

Adesso, con l’ultima legge di bilancio, è arrivato, seppure con esclusivo riferimento alle somme e ai premi erogati nel 2023, il dimezzamento della tassazione: l’imposta sostitutiva è stata ridotta al 5 per cento.