Con l’ordinanza n. 18903 del 10.07.2025, la Cassazione afferma che, in caso di trasferimento dichiarato giudizialmente illegittimo, il lavoratore ha diritto a vedersi riconosciute le spese di viaggio sostenute per raggiungere la nuova sede durante il periodo di adibizione alla stessa.
Il fatto affrontato
Il lavoratore - seguito della declaratoria giudiziale di illegittimità del trasferimento disposto dall’Ente datore - propone ricorso al fine di richiedere, tra le altre voci di danno, il rimborso chilometrico per l'utilizzo dell'autovettura personale per raggiungere la nuova sede di lavoro ed il pagamento della retribuzione contrattuale per le ore di viaggio quotidianamente impiegate per raggiungere detta sede.
La Corte d’Appello rigetta integralmente la predetta domanda.
L’ordinanza
La Cassazione rileva, preliminarmente, che il tempo di trasferimento dalla residenza del dipendente alla sede di lavoro, ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 66/2003, non può rilevare quale tempo di lavoro ed essere retribuito.
Con riferimento, poi, alla richiesta di rimborso chilometrico per l'utilizzo dell'autovettura personale per raggiungere la nuova sede di lavoro, la sentenza afferma che non è riconoscibile l’indennità chilometrica, visto che il CCNL prevede la debenza della stessa solo quale rimborso per le spese vive affrontate dal dipendente per missioni in località diverse da quelle della sede di lavoro.
Secondo i Giudici di legittimità, invece, sono risarcibili – a titolo di danni patrimoniali subiti dal lavoratore in ragione del trasferimento illegittimo – le spese di viaggio, spettando alla società l’onere di dimostrare che il dipendente avrebbe potuto ridurre le conseguenze dannose utilizzando i mezzi pubblici senza eccessiva gravosità.
Solo con riferimento a quest’ultima circostanza, la Suprema Corte accoglie il ricorso proposto dal lavoratore e cassa con rinvio l’impugnata pronuncia.
A cura di WST