Con la sentenza n. 30945 del 07.11.2023, la Cassazione afferma che, in caso di somministrazione irregolare, il rapporto di lavoro non può considerarsi estinto se il recesso è irrogato dal somministratore e non dall’utilizzatore.
Il fatto affrontato
Il dipendente, somministrato, impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli dalla formale datrice di lavoro.
A fondamento della predetta domanda, il medesimo deduce la non genuinità della somministrazione e lo svolgimento del rapporto quale effettivo dipendente dell’utilizzatrice.
La Corte d’Appello, dichiarata l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra il ricorrente e l’utilizzatrice, accoglie la domanda, affermando che il recesso irrogato del somministratore non produce alcun effetto estintivo rispetto al rapporto di lavoro.
La sentenza
La Cassazione - confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello - rileva preliminarmente che, in ipotesi di somministrazione irregolare, tutti gli atti compiuti o ricevuti dal somministratore nella costituzione o nella gestione del rapporto devono intendersi come compiuti o ricevuti dal soggetto che ha effettivamente utilizzato la prestazione.
Per la sentenza, alla luce della norma di interpretazione autentica intervenuta in materia (art. 80-bis del DL 34/2020, convertito con modificazioni dalla L. 77/2020), tra i predetti atti di costituzione e di gestione del rapporto di lavoro non è compreso il licenziamento.
Secondo i Giudici di legittimità, ne consegue che il licenziamento irrogato dal somministratore (datore solo in senso formale) non ha alcun effetto estintivo del rapporto intercorrente tra il lavoratore e l’utilizzatore (datore in senso sostanziale).
Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso della società utilizzatrice.
A cura di Fieldfisher