Con la sentenza n. 30551 del 27.11.2024, la Cassazione afferma che il datore di lavoro che voglia contestare la correttezza della diagnosi riportata nei certificati medici posti a giustificazione dell’assenza per malattia di un proprio dipendente non è tenuto a presentare una querela di falso.
Il fatto affrontato
La dipendente impugna giudizialmente il licenziamento irrogatole per uso improprio dell'assenza per malattia tale da far desumere la simulazione della malattia stessa.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, stante l’assenza della querela di falso della certificazione medica da parte del datore al fine di contestare la veridicità della patologia nella stessa indicata.
La sentenza
La Cassazione - ribaltando quanto stabilito dalla Corte d’Appello - rileva, preliminarmente, che il certificato redatto da un medico convenzionato con un ente previdenziale o con il Servizio Sanitario Nazionale per il controllo della sussistenza delle malattie del lavoratore è atto pubblico che fa fede, fino a querela di falso, circa la provenienza del documento.
Secondo i Giudici di legittimità, tuttavia, tale fede privilegiata non si estende anche ai giudizi valutativi che il sanitario ha espresso, in occasione del controllo, in ordine allo stato di malattia e all'impossibilità temporanea della prestazione lavorativa.
Per la sentenza, quindi, al fine di contestare l'esattezza di una diagnosi non è necessaria una querela di falso del certificato medico.
Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso del datore, avendo egli correttamente confutato – già nella lettera di contestazione disciplinare – la correttezza della diagnosi riportata nella certificazione medica.
A cura di WST